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Il caso

«Volevano pagarmi per fare entrare i migranti in Italia»

di Valentino Gonzato
Andrea Di Giuseppe, deputato di FdI e vicentino d’adozione, ha denunciato alla finanza un presunto business sui visti.

«Si rende conto della gravità della cosa? Hanno agito in questo modo nei confronti di un deputato con la stessa tranquillità con la quale si ordina un caffè al bar». Andrea Di Giuseppe, romano di origine ma vicentino d’adozione, deputato di Fratelli d’Italia eletto nella circoscrizione esteri America settentrionale e centrale, ha denunciato alla guardia di finanza un tentativo di corruzione ai suoi danni per agevolare un presunto traffico illegale di visti di ingresso in Italia, destinati a migranti provenienti dal Pakistan e da altri Paesi di quell’area. Gli esposti presentati dal parlamentare hanno dato il via a un’indagine delle fiamme gialle.

Il tentativo di corruzione

Come raccontato ieri per primo da Libero, tutto è cominciato lo scorso 28 marzo quando Di Giuseppe è stato avvicinato a Roma dal titolare di un ristorante, un cittadino bangladese, che gli avrebbe chiesto di fare da tramite con un sedicente «console italiano in Bangladesh» per facilitare il rilascio di visti in entrata per l’Italia. «La reazione di getto sarebbe stata quella di dargli due cazzotti in faccia e chiamare il 113 - ammette Di Giuseppe -, ma mi sono fermato e così si potrà andare in fondo alla vicenda». Già perché il deputato, senza farsi vedere dal suo interlocutore, ha cominciato a registrare di nascosto con lo smartphone la conversazione che ha poi fornito ai finanzieri. 

Il business dei visti

Lo straniero gli avrebbe spiegato per bene il business e gli avrebbe prospettato un bonus di ingresso di 300 mila euro e altri 120 mila ogni mese se avesse fatto pressione su alcuni consolati per facilitare le firme sui visti d’ingresso per lavoro e turistici rilasciati a cittadini provenienti da Bangladesh, Pakistan e Filippine. L’intermediazione di Di Giuseppe, sempre secondo il ristoratore, si sarebbe resa necessaria dopo il trasferimento di un funzionario italiano in Turchia che avrebbe rischiato di compromettere il giro d’affari già in atto da tempo.

La denuncia e le intimidazioni

Due giorni dopo, il parlamentare ha presentato la prima denuncia alla guardia di finanza. Dopodiché è rientrato negli Usa, dove sarebbe avvenuto il secondo adescamento a opera di un “amico” del ristoratore bangladese. L’esponente di Fratelli d’Italia ha registrato anche quell’incontro, fornendo i file alle fiamme gialle che stanno ora indagando.

«C’è il segreto istruttorio e non posso scendere nello specifico, ma posso dirle che questa vicenda è solo all’inizio e che, purtroppo, non coinvolge una sola ambasciata», afferma Di Giuseppe. Che, dopo i suoi esposti, ha cominciato a subire intimidazioni sia di persona sia per telefono. «Lo avevo messo in conto, ma lo rifarei comunque», conclude. 

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