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La tragedia

Suviana, recuperati i corpi delle 7 vittime. I sub vicentini: «Laggiù era tutto distrutto / VIDEO

Il racconto del caporeparto dei sommozzatori dei Vigili del Fuoco di Vicenza: «L’ultimo ritrovamento è avvenuto nel punto più danneggiato»
Suviana ricerche vigili del fuoco

L’ultimo disperso che mancava all’appello è stato rinvenuto ieri mattina. Il corpo di Vincenzo Garzillo, consulente 68enne di Napoli, si trovava al piano meno 9 della centrale idroelettrica di Bargi al lago di Suviana, in provincia di Bologna. «Era vicino alla turbina, nel punto più danneggiato dallo scoppio. C’erano pezzi taglienti che uscivano da tutti le parti, grossi massi sul pavimento, cavi sospesi e circa 27 metri di acqua sopra la testa che creavano rischi non indifferenti, qualora dovesse esserci un collasso», racconta Giuseppe Frison, caporeparto del nucleo dei sommozzatori dei vigili del fuoco di Vicenza. Che, assieme al parigrado Francesco Boaria, pure lui di stanza a Vicenza, e agli altri soccorritori, ha lavorato incessantemente per quattro giorni nella pancia della centrale dove, martedì scorso, è avvenuta la tragedia.

Il bilancio delle vittime dello scoppio

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Il bilancio, dunque, è di 7 vittime: oltre a Garzillo, hanno perso la vita Adriano Scandellari, padovano di 57 anni; Paolo Casiraghi, milanese di 59; Alessandro D’Andrea, 37, originario della provincia di Pisa; Pavel Petronel Tanase, 45, originario della Romania e residente nel Torinese; Mario Pisani, 73, di origini tarantine; Vincenzo Franchina, 36, che viveva a Genova. Sono tre, invece, i feriti in condizioni critiche ricoverati in ospedale. 
I vigili del fuoco vicentini sono stati i primi, assieme ai colleghi veneziani, a raggiungere la centrale sull’appennino bolognese. «Al piano meno 9 era scontato che la situazione fosse quella che poi abbiamo trovato», ammette Frison.

I due vicentini avevano lavorato anche nella Costa Concordia

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Sia lui che Boaria avevano partecipato alle operazioni di soccorso a bordo della Costa Concordia, che nel 2012 naufragò all’isola del Giglio. L’unica operazione, secondo loro, paragonabile a quella di Bargi: «Gli ambienti erano simili, anche se qui c’era meno superficie da esplorare. Ma sono altri i fattori determinanti: la visibilità, l’ostruzione degli spazi. In questo caso, soprattutto nel recupero delle ultime due vittime, l’ambiente era particolarmente distrutto». 

Un ambiente difficile come un palazzo rovesciato

Muoversi in quel palazzo rovesciato, dove la visibilità era ridotta al minimo per colpa dell’oscurità e dell’acqua mista a olio, è stato complicato e rischioso. «Si usa un sistema particolare, che si chiama Siacs - spiega Frison -. È un sistema di immersione alimentato e controllato dalla superficie. L’operatore indossa un’attrezzatura particolare, che lo isola dagli agenti inquinanti, collegata con un cavo ombelicale che la alimenta di aria dalla superficie. Sul casco del sommozzatore sono montati un faro e una telecamera che ha una qualità di visione superiore a quella dell’occhio umano». A guidare i sub dei vigili del fuoco erano sia i colleghi in superficie sia tecnici della centrale davanti agli schermi collegati con la telecamera. Planimetrie alla mano, fornivano punti di riferimento fondamentali per poter procedere in sicurezza. 

Tutti i dispersi erano al piano -9

«Dalle testimonianze acquisite durante le fasi preliminari sapevamo più o meno dove potevano essere i dispersi, che sono stati recuperati tutti al piano meno 9 - prosegue Frison -. In breve tempo siamo riusciti a individuare e recuperare le prime due vittime, perché gli ambienti erano abbastanza liberi e sicuri. Molto più complicato è stato invece il recupero delle ultime due, perché erano vicine alla turbina. Per arrivarci abbiamo dovuto fare strade alternative per poter procedere in sicurezza, perché una struttura che ha subito un danno non è stabile». 
Senza contare l’acqua, che continuava ad aumentare. «Dovevamo combattere con questo livello che si innalzava, creando delle difficoltà operative non indifferenti. È salita di circa 3 metri in quattro giorni, nonostante i tecnici della centrale Enel provvedessero ad aspirare con le pompe il liquido inquinato, perché c’era una forte presenza di olio». 
Completate le ricerche, ora comincia la fase delle indagini. Sulla disgrazia sarà chiamata a fare chiarezza la procura di Bologna, che ha aperto un’inchiesta per disastro colposo e omicidio colposo. Il sistema Scada di supervisione e controllo, in sostanza la “scatola nera” della centrale di Bargi, è già in mano all’autorità giudiziaria.

 

Valentino Gonzato

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