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Scontro totale nell’Anpi
sulla medaglia a Teppa
«Non c’è preparazione»

Una recente cerimonia in ricordo dell’Eccidio di Schio nel cortile della biblioteca dove avvenne la strage
Una recente cerimonia in ricordo dell’Eccidio di Schio nel cortile della biblioteca dove avvenne la strage
Una recente cerimonia in ricordo dell’Eccidio di Schio nel cortile della biblioteca dove avvenne la strage
Una recente cerimonia in ricordo dell’Eccidio di Schio nel cortile della biblioteca dove avvenne la strage

Il ritiro della medaglia al partigiano “Teppa”? Giusto. Parola di Pio Serafin. L’iniziativa del ministero della Difesa incontra l’approvazione di un membro di primo piano dell’Anpi locale. «I meriti e i demeriti di “Teppa” devono essere valutati nella loro globalità, che è da condannare per l’enorme atrocità di un misfatto senza scusanti - sono le parole, pesanti come pietre, di Serafin, il quale è anche il responsabile cultura del Pd cittadino -. La storia dell’Anpi, che ora subisce una lezione senza precedenti, è storia di esperienze e competenze da parte dei suoi dirigenti che ora qui a Vicenza sembrano essere venute meno». All’interno dell’associazione la vicenda del partigiano Valentino Bortoloso diventa così terreno di scontro.

LA POSIZIONE. «Sia nella sezione cittadina che in quella provinciale dell’Anpi vedo persone che di Resistenza non si sono mai occupate - rincara la dose l’ex consigliere comunale -. Vedo un gruppo dirigente che non è adeguato e da questa carenza di preparazione accadono fatti come questo. Siccome vengono dalla politica, si occupano di referendum, ma la vocazione dell’Anpi va persa». Serafin dissente anche su uno dei punti sollevati a difesa del partigiano che nella notte tra il 6 e il 7 luglio del ’45 partecipò all’Eccidio di Schio, per poi essere condannato a scontare 10 anni di carcere. «Se una persona è a posto con la giustizia, non è detto che lo sia anche dal punto di vista morale», dichiara.

IL PRESIDENTE. «Sono sorpreso e colpito dalle parole di Serafin - è la replica del presidente del comitato provinciale Anpi Danilo Andriollo -. Egli però non era presente alle ultime due riunioni, quando abbiamo discusso la vicenda, elaborando un documento ufficiale. Rispetto la sua opinione, ma non la condivido». Andriollo non ci sta a far passare i componenti del direttivo come persone che non conoscono la storia. «Nel comitato provinciale ci sono studiosi che stanno dando un contributo alla conoscenza della Resistenza - prosegue -. Penso a Mario Faggion, a Giorgio Fin, a Giannico Tessari. Ritengo, quindi, che il direttivo provinciale abbia tutti gli elementi per esprimere un giudizio su questa vicenda. Confermiamo la nostra posizione; mi sembra difficile, in ogni caso, pensare ad una morale di associazione, così come ad una morale di Stato, per cui non mi esprimo su questo aspetto. Guardo ai fatti storici, a ciò che è accaduto, a ciò che avviene nel nostro Paese».

LO STUDIOSO. «La “Medaglia della Liberazione 25 aprile 1945” non costituisce un encomio - precisa Mario Faggion, 78 anni, ex presidente dell’Anpi vicentino e tuttora membro del comitato provinciale -. Essa è il riconoscimento della partecipazione alla Resistenza e alla Liberazione da parte di chi la riceve. Non c’è niente di straordinario». Ma qual è il ruolo, oggi, di un’associazione come l’Anpi? «È quello di curare la memoria storica - spiega Faggion -, di assicurare una continuità ai valori che hanno ispirato la Resistenza e la Liberazione, i quali vengono riconosciuti nella Costituzione».

IL GIOVANE. Gli ultimi anni hanno visto un consistente afflusso di giovani nelle file dell’associazione dei partigiani. Qual è la loro opinione su una vicenda che risale a 70 anni fa? «Ritengo il giudizio di Serafin del tutto gratuito - sostiene Giuliano Ezzelini Storti, 34 anni, la tessera in tasca da quando ne aveva 18 -. L’attuale direttivo provinciale è all’altezza sia dal punto di vista storico che gestionale. La medaglia è un riconoscimento resistenziale: Bortoloso ha fatto la Resistenza, è stato uno dei liberatori del Paese e questo è un dato di fatto. Le vicende accadute dopo la Liberazione sono un’altra cosa. L’Eccidio è un evento assolutamente non giustificabile. Esso, però, va inquadrato nel giusto contesto storico: in quel momento a Schio la situazione era molto tesa e complessa».

Matteo Carollo

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