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Vicentini in Europa

Mitra e coprifuoco
«Così resistiamo
a Bruxelles»

Pochi turisti tra militari armati e blindati a Bruxelles. ANSA
Pochi turisti tra militari armati e blindati a Bruxelles. ANSA
Pochi turisti tra militari armati e blindati a Bruxelles. ANSA
Pochi turisti tra militari armati e blindati a Bruxelles. ANSA

«Uno starnuto: è bastato uno starnuto per mandarli nel panico. Stazionavano davanti a una birreria e quel rumore improvviso, un po’ più fragoroso del normale, ha fatto saltare dallo spavento un gruppetto di persone». A Bruxelles, oggi, non si può nemmeno starnutire in pace. È il prezzo della paura che entra nella vita quotidiana. Silvia Dalla Rosa, 29 anni, vicentina, ieri ha assistito anche a quella scena surreale «in un’atmosfera inquietante», a due passi da Grand Place, il cuore pulsante della capitale belga. Città semi-deserta, blindata, con il fiato sospeso da due giorni. L’allerta è ai massimi: quattro su quattro nel livello d’allarme. Per le strade, i mezzi dei corpi speciali, militari in mimetica, mitra. E poi la metropolitana chiusa e controlli a raffica. «I belgi stanno in casa, di turisti in giro pochissimi», racconta. Il coprifuoco, mentre la polizia dà la caccia a una decina di persone, sospettate di terrorismo.

È un clima sospeso a pervadere quella che per certi versi è la capitale dell’Unione europea, la città dove hanno sede le principali istituzioni della casa comune dei 28 Stati membri. Silvia Dalla Rosa l’ha vissuta da turista, protagonista di una partenza sfortunata, «venerdì sera, con un biglietto aereo comprato mesi fa», prima che l’allerta fosse portata ai massimi per «pericolo grave e imminente di attacchi terroristici», come hanno spiegato sabato le autorità del Belgio. Per tanti altri vicentini, invece, Bruxelles è semplicemente la “casa”. Lo è per Mattia Brazzale, già candidato sindaco a Calvene e referente di Alda, l’associazione per la democrazia locale, trasferitosi nel quartiere di Meiser a gennaio. «Il centro è meno frequentato, la metropolitana è ferma, i trasporti pubblici dirottati: questi - racconta - sono i limiti oggettivi che impattano nella vita di chiunque, compresa la mia. I belgi non escono, bar e musei sono chiusi, perciò anche i turisti cambiano itinerari. Ma al di là di tutto, non ho intenzione di entrare nella fase paranoica, non voglio cambiare la mia vita per questo».

È lo stesso orgoglio che esprime Matteo Cocco, 24 anni, anch’egli giovane stagista di Alda. «Sono arrivato a settembre, resto a Bruxelles fino a fine anno - spiega - e in questi giorni lo scenario è surreale: vedere i militari armati e le camionette in centro fa uno strano effetto». Il coprifuoco si vede, ma si vedono anche prove di resistenza: «L’Atomium è chiuso, ma i mercatini dell’antiquariato no», racconta Cocco che nella giornata di sabato, quando è stato diramato l’allarme, doveva andare a prendere la madre all’aeroporto. «Dovevo recarmi in stazione per noleggiare un’auto: roba da 15 minuti, nella normalità, ma senza metrò e con i bus a singhiozzo ci ho messo due ore». La vita cambia, per forza. «La paura è un sentimento “obbligatorio”, in questo momento, perché non puoi non pensare che tutti quei controlli hanno un perché». Ma la vita continua, per forza e per volontà: «Chiuderci in casa? È quello che i terroristi vogliono ottenere, ma non ho intenzione di cambiare programmi. La risposta peggiore sarebbe svuotare le città». In parte, però, i terroristi ci stanno riuscendo. «Sabato sera - riprende Silvia Dalla Rosa - Bruxelles sembrava Vicenza alle tre di notte di un mercoledì qualunque». Ha reso l’idea. E mentre le tv e i siti web danno notizia in diretta di una Grand Place circondata dalla polizia, Brazzale pensa al domani: «Non so se potrò andare al lavoro, visti i trasporti, o se lavorerò da casa. Anche le banche forse faranno lavorare gli impiegati da casa. Siamo condizionati, sì, ma non ci fermiamo».

Marco Scorzato

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