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La storia

La piccola Masha attesa all'ospedale San Bortolo ma bloccata a Kiev

di Franco Pepe

«Masha mi ha chiamato domenica. Si udiva il boato delle bombe. Mi ha detto di sentirsi in pericolo. Ha paura. Anche di parlare, di esporsi. Doveva venire a Vicenza per un altro intervento a marzo 2020. Eravamo d’accordo con il dottor Baciliero che ha sempre risposto sì alle mie richieste, ma la pandemia ha fermato tutto. Ora era pronta a partire, ed è scoppiata la guerra». Gian Benedetto Anzolin ha la voce che trema. È lui, un ex bancario con la vocazione al volontariato, il presidente di un’associazione di Breganze nata attorno alla Caritas parrocchiale, Famiglie Insieme, che, in una decina di Comuni dell’Alto Vicentino, dal 2002 e fino alla comparsa del virus di Wuhan, d’estate e a Natale, ha accolto ogni anno più di 50 bambini, orfani o abbandonati, di Chernobyl, e che poi ha cominciato a interessarsi anche di piccoli ucraini che si portano addosso i segni dell’esplosione radioattiva di oltre 35 anni fa.

Il primo fu Misha, nato senza un orecchio. Poi, grazie ad un angelo, suor Svetlana, responsabile della Caritas Spes di Kiev, arrivò Lisa, venuta al mondo con una malformazione rarissima al volto. Quindi, Vitalij, di Nikolajev, un paesino della zona di Odessa, con una enorme schisi del palato, una voragine al posto della bocca. Subito dopo fu il turno di Ilia, sordo dalla nascita. E la quinta fu lei, Masha, gli occhi e i capelli chiari della gente di Ucraina, nell’ottobre del 2010. Aveva un anno e mezzo e una rarissima malattia congenita, la signazia, che oggi conta non più di 5 casi al mondo. Nell’ospedale sulle colline che sovrastano il fiume Dnepr, non lontano dal piazza Mykhailivska, la diagnosi era stata infausta: la mandibola e la mascella fuse, solidificate come un blocco di marmo. Dalla bocca serrata non passava nulla. Quasi impossibile respirare, mangiare, parlare. Ogni istante il rischio di soffocare. Tatiana, la mamma, che oggi ha 49 anni e a Kiev gestisce una scuola di inglese, l’aveva desiderata tanto. Gli esami prenatali avevano rivelato la malformazione, ma lei non aveva voluto saperne di abortire. Così, grazie a un viaggio della speranza organizzato da Anzolin e suor Svetlana, venne operata da Ugo Baciliero, allora aiuto e oggi primario del reparto di chirurgia maxillo-facciale, che dovette inventarsi una tecnica nuova per salvare la bimba. In letteratura medica c’era poco o niente. Gli interventi furono parecchi nei 5 anni. L’Ulss si mobilitò e le spese se le accollò la Regione. Prima l’apertura parziale della bocca per introdurre un sondino con cui alimentarla, in un secondo tempo la resezione delle parti ossee della mandibola e della mascella, poi l’innesto di un diaframma di sostanza grassa per tenerle separate, e, infine l’apertura della bocca prima inchiodata.

L’anatroccolo trasformato in cigno. Masha a 6 anni era finalmente una bambina normale. Anche se l’opera non era conclusa. In casi del genere l’iter chirurgico deve accompagnare con pazienza lo sviluppo fisiologico. Ma già un miracolo reso possibile anche da una catena di solidarietà. La piccola e Tatiana furono ospitate in un appartamento della parrocchia di Salcedo, e al resto pensarono le famiglie dell’associazione nel frattempo diventata fucina di iniziative per raccogliere fondi con cui aiutare i bambini ucraini. Oltre all’ospitalità per far vivere giorni sereni nel Vicentino a piccoli che vivono negli orfanotrofi, vittime innocenti non solo della nube tossica ma anche di situazioni difficili e della miseria, un lavoro pressoché quotidiano per spedire alla Caritas di Kiev generi di prima necessità, vestiario, medicinali, con i proventi di mercatini, feste e altre manifestazioni benefiche. In questo modo sono stati raccolti 50 mila euro per costruire nella capitale ucraina una casa-famiglia, ed è stato effettuato un corso di formazione per due anestesisti ucraini.

Adesso si attendeva il ritorno di Masha per un controllo del viso e un nuovo intervento di rifinitura, ma le bombe russe hanno interrotto il sogno realizzato a metà della ragazzina di Kiev che oggi ha 13 anni. Per lei e per tutti i bambini che rischiano la vita in Ucraina Anzolin e la sua associazione domenica terranno una manifestazione di solidarietà in piazza a Breganze. «Vogliamo accoglierli di nuovo». E Gian Benedetto si commuove. 

 

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