«Carissima Giulia, in questi ultimi giorni ti ho conosciuto e ti ho voluto bene. Mi dispiace moltissimo di non essere stata lì in quel parcheggio maledetto per portarti via da quel mostro. Avrei voluto proteggerti come una mamma (che tu non hai più) protegge una figlia e consigliarti di non uscire più con lui dopo che la vostra storia si era interrotta ad agosto. Non è colpa tua, ti sei innamorata, come me, di un “vampiro emotivo”, Filippo dietro quella faccia da “bravo ragazzo” nascondeva un lato oscuro che tu, sicuramente, avevi già captato senza comprenderne, però, la pericolosità. Il vampiro emotivo non è un uomo ma un essere abusante e maltrattante in modo sottilmente psicologico senza che tu, all'inizio della storia, te ne accorga».
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La lettera a Giulia Cecchettin e a tutte le donne
Inizia così la lettera scritta da una lettrice de Il Giornale di Vicenza a Giulia Cecchettin, il cui corpo senza vita è stato trovato sabato, dopo giorni di ricerche. Un testo scritto da una sopravvissuta, da una mamma che è riuscita a liberarsi da un uomo violento dopo 15 anni e di cui manterremo l’anonimato per tutelare lei e la figlia. Una donna profondamente segnata che, scrivendo a Giulia, sembra quasi scrivere a se stessa, alla ragazza che, tanti anni fa, non aveva percepito segnali che avrebbero potuto metterla in allarme. «Ho vissuto anni di solitudine: lui era riuscito a crearmi il vuoto attorno. Anni senza più amici e parenti. Perché tutti stavano dalla sua parte. Era furbo, intelligente, brillante. Non era uno sprovveduto: a tutti appariva come il marito e il padre perfetto - racconta - e quando trovavo la forza di raccontare qualcosa mi sentivo dire “ma dai, non esagerare”, “sei sicura?” Qualcuno mi ha anche ripresa dicendomi che ormai lo avevo sposato, dovevo pensarci prima». Io ero diventata la “strega”, “l’avara”, quella che si lamentava senza motivo. Lui, agli occhi di tutti era l’uomo perfetto». Prima del matrimonio, quando si sono conosciuti, perfetto lo sembrava sul serio. Forse troppo.
Un uomo che sembrava perfetto
«Troppo protettivo, troppo presente e poi troppo soffocante - spiega ancora -. In questo modo è riuscito ad isolarmi. Doveva esserci sempre e solo lui, doveva essere al primo posto. Persino le telefonate a mia mamma, a suo dire lunghe e frequenti, gli davano fastidio». Vecchi ricordi che forse avrebbero dovuto far suonare un campanello d’allarme. «Anche il fatto che casa, dai genitori fosse trattato come un principe, protetto, servito, assecondato in tutto».
Gli insulti in gravidanza
Poi la gravidanza e le violenze psicologiche che crescevano. «Mi ripeteva che sembravo una balena e io ridevo, illudendomi che fossero solo battute». In realtà era l’inizio di quello che poi è stato un vero e proprio incubo: il primo schiaffo quando lei era ancora incinta, poi i tradimenti, i soldi sperperati al gioco, le minacce di ogni genere. La più ricorrente era quella di portarle via la figlia.
«Filippo Turetta è come mio marito»
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Nella lettera indirizzata alla giovane scomparsa, vede in Filippo Turetta il riflesso del marito. «Il vampiro emotivo - considera - è un soggetto estremamente insicuro nella vita sociale. Il suo scopo è quello di porre la sua vittima in uno stato di “sudditanza” perché desidera semplicemente sentirsi potente ed esercitare azioni di comando e di controllo su di lei. È proprio il tipo che hai incontrato tu, mia cara Giulia. Sono sicura che nel momento in cui tu hai acquisito la consapevolezza di essere in una relazione “tossica” e hai voluto troncare sono cominciati i ricatti emotivi. Frasi tipo “Non posso vivere senza di te”, “la mia vita non ha più senso”, “mi uccido”, ti hanno fatto sentire in colpa e tu, purtroppo, hai continuato a frequentarlo e ad essergli amica».
L'aiuto del centro antiviolenza
Dopo anni di violenza, solitudine, innumerevoli chiamate alle forze dell’ordine la forza di dire basta. «Al centro antiviolenza, per la prima volta, sono stata ascoltata e creduta - considera ancora -. C’è ancora molta strada da fare. Penso innanzitutto che anche tra donne ci dovrebbe essere maggiore solidarietà ed empatia. Poi c’è l’aspetto della giustizia. Affrontare un percorso legale è un calvario in cui a volte ci si sente colpevolizzate. Si vive nell’incubo di perdere i figli. Io mi sono battuta per l’affidamento esclusivo ma non è bastato: è stato deciso quello condiviso. Anche se poi il mio ex compagno è sparito, abbandonando sua figlia».
«Donne: non accettate i ricatti emotivi»
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«Mi auguro che le ragazze imparino a dire di no, che non caschino in ricatti emotivi, che non vadano mai all’appuntamento chiarificatore ma soprattutto che denuncino e non ritirino mai le denunce per maltrattamenti subiti. Gli uomini violenti non cambiano ma ti cambiano».
«Ormai sono sola da tempo - racconta - ma mi sembra ieri che ho sporto denuncia. Sono stanca. Questi anni mi hanno prosciugata emotivamente».