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Il duplice femminicidio

Il fidanzato di Lidija: «Ci sono responsabilità: quello che hanno fatto non è stato abbastanza»

«Ormai nessuno ci può restituire Lidija. Sarebbe però bello prendere spunto da Lidija per dire: »Bene, noi giudici possiamo fare questo e abbiamo fatto tutto. Noi assistenti sociali possiamo fare questo e lo abbiamo fatto. Ma si vede che non è abbastanza. E allora sarebbe bello che tutti si mettessero insieme per individuare quali sono le falle e stabilire qual è il modo per fare qualcosa. C'è da lavorare sulla prevenzione». Daniele Mondello, il compagno di Lidija, lancia un appello alle istituzioni affinché tragedie simili non accadano in futuro. Resta comunque fermo sulle proprie posizioni: «Se uno ti punta la pistola alla testa e ti dice "prima o poi ti ammazzo"; te la mette sulle gambe mentre ti accompagna da qualche parte in macchina e ti minaccia; ti mette un coltello in bocca e ti dice "ti scanno"; ti manda in garage a pulire gli attrezzi e poi arriva, ti butta per terra e ti dà un calcio e ti spacca una costola, non è un atto di ira isolato. È un problema. Quando leggevo le denunce che Lidija aveva fatto, mi venivano i brividi e lasciavo stare. Ma ora mi ripropongo di rileggerle. Queste cose sono tutte segnalate. Quindi, vuol dire che questa (Zlatan Vasiljevic, che Mondello non cita mai per nome, ndr) era una persona malata. E le persone malate bisogna curarle, bisogna assisterle affinché non causino problemi a chi sta loro intorno e anche a loro stesse. Questo bisognerebbe fare per evitare certe situazione. Poi, l'inevitabile è inevitabile. In questo caso, però, ci sono delle responsabilità». Mondello aggiunge: «Tutto quello che sta uscendo penso che sia abbastanza chiaro. Abbiamo dato i certificati, le prove del Serd. A breve usciranno anche altri documenti che, secondo noi, dimostrano qualche lacuna».Il compagno di Lidja cambia poi discorso. Non gli sono piaciute alcune affermazioni fatte dai familiari dell'assassino: «Lidja era venuta qui con la sua famiglia nel 2005, non per raggiungere Zlatan. I problemi c'erano perché lui era violento. Pensava che la donna fosse di sua proprietà. Le richieste dell'ex moglie troppo esose? Non mi risulta proprio. Lidija non ha mai fatto alcuna richiesta. Lei ha cominciato a lavorare come badante dieci giorni dopo il suo arrivo in Italia e non ha mai smesso, anche se lui la forzava a non lavorare e a non imparare l'italiano perché secondo lui stava diventando "troppo italiana". Lei per mantenere la sua famiglia diceva che doveva tenersi il suo lavoro perché c'era un mutuo da pagare e lui ha pure avuto il coraggio di denunciarla per abbandono di minori». Mondello torna quindi su alcune circostanze: «Quel giorno lui l'aveva seguita. Più di qualche volta lei aveva intravisto la sua auto seminascosta dietro i cassonetti prima della salita che porta in via Vigolo. Anche dalle finestre della nostra casa in viale Milano lo si vedeva passare, ma cosa potevamo fare? Anche perché era decaduto il divieto di avvicinamento». Infine, Mondello si sofferma sulla lettera anonima che avrebbe messo in guardia la donna. «L'ho trovata domenica pomeriggio e mercoledì sera, il giorno dell'omicidio, avevamo appuntamento con l'avvocato per presentare denuncia perché lui non pagava gli alimenti e per presentargli questa lettera. Mi sono fatto questa domanda per scrupolo personale, perché ti senti anche in colpa per quello che è successo: se mi fossi presentato domenica pomeriggio alle forze dell'ordine con la lettera sarebbe cambiato qualcosa? Ma mi è stato detto che non si sarebbe potuto fare nulla». 

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Valetnino Gonzato

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