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L'intervista

Gritta Grainer: «Su Ilaria Alpi uccisa in Somalia aspettiamo la verità giudiziaria»

«La premier si impegni per le donne»
Mariangela Gritta Grainer: valdagnese, 77 anni, presiede l’Associazione Ilaria Alpi
Mariangela Gritta Grainer: valdagnese, 77 anni, presiede l’Associazione Ilaria Alpi
Mariangela Gritta Grainer: valdagnese, 77 anni, presiede l’Associazione Ilaria Alpi
Mariangela Gritta Grainer: valdagnese, 77 anni, presiede l’Associazione Ilaria Alpi

«In questi lunghi anni è diventata un’amica. L’ho vista sui palcoscenici dei teatri con il volto di Ottavia Piccolo, Isabella Ragonese, Lucilla Morlacchi. Giornalisti come Enzo Biagi e, molti altri, si sono occupati di lei. Il drammaturgo Stefano Massini ha scritto un testo di due ore che ancora oggi incanta. Magistrati hanno impiegato energie incredibili per fare luce sulla sua uccisione, alcuni sono stati premiati, altri puniti. A lei sono state dedicate scuole e aule magne». 

Sempre a fianco della famiglia Alpi

Mariangela Gritta Grainer ha 77 anni, vive a Valdagno, è stata esponente del Partito comunista, venne eletta alla Camera nel 1994 e nominata componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’attuazione della politica di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo. Docente di matematica, dal 20 marzo del 1994 - quando venne uccisa a Mogadiscio la giornalista del Tg3 Ilaria Alpi con l’operatore Miran Hrovatin - è sempre stata al fianco della famiglia per cercare giustizia. Non certo vendetta. Con l’uccisione della giornalista sono state seppellite le inchieste sui rifiuti tossici e sul traffico di armi, sono finite in carcere persone che non avevano nulla da spartire con la sua esecuzione. Si è fatto rumore. Ma non abbastanza. E non ancora per fare centro. Il vento continua a soffiare, il silenzio non è calato, grazie all’associazione “Ilaria Alpi” che Mariangela Gritta Grainer presiede.

Sono trascorsi 30 anni da quel 20 marzo, che cosa rimane?
L’impegno a proseguire fino a quando si troverà la verità giudiziaria. Dopo la morte di Giorgio e Luciana, i suoi genitori, ho fatto una sorta di giuramento. 

Che include che cosa?
Con l’associazione che presiedo ci rivolgeremo al procuratore capo di Roma. Ci sono già state tre richieste di archiviazione tutte respinte, per cui vogliamo capire come intende muoversi. 

Perché?
Quella fu un’esecuzione: un colpo alla testa per tutti e due. Non esiste la narrazione della casualità e nemmeno il tentativo di sequestro di cui si era parlato all’inizio. C’è ancora molto da scoprire su questa vicenda, ma spetta all’autorità giudiziaria la volontà di fare luce. Ecco perché andrò Roma per chiedere che il caso venga riaperto. 

Non le sembra di andare controvento?
No, è una tragedia che si ricorda ancora molto. Poi, Enzo Jannacci diceva che bisogna metterci la faccia.

Come?
In trent’anni almeno cento scuole sono state titolate ad Ilaria Alpi, c’è una stella che porta il suo nome, affiancata ad un bellissimo progetto da portare nelle classi. Lo scorso marzo sono andata nel suo liceo a Roma dove le hanno dedicato l’aula magna con un grande murales.

Le parole del presidente Mattarella 

E le istituzioni?
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ci ha scritto anche per il trentennale “...Erano giornalisti di valore alla ricerca in Somalia di verifiche e riscontri su una pista che avrebbe potuto portare a svelare traffici ignobili... Gli assassini e i mandanti sono ancora senza un nome e senza un volto dopo indagini, depistaggi, ritrattazioni, processi finiti nel nulla. È una ferita che riguarda l’intera società. Le istituzioni sanno che non ci si può mai arrendere nella ricerca della verità...”. 

Ma siamo sempre contro vento, purtroppo.
Certo, però bisogna insistere. Anche se questo è un periodo freddo della politica. 

Che cosa intende?
Non ci sono passioni, idealità. I concetti di pace e guerra restano in superficie. 

Mentre?
Credo che la politica sia l’impegno più nobile per affrontare le grandi questioni del mondo. I diritti riguardano tutti. Non solo l’Occidente, altrimenti come sosteneva Gino Strada, parliamo soltanto di privilegi. Diciamo che non sento calore. 

I tempi di Berlinguer

Quanto indietro deve tornare per trovare quella politica?
Ai tempi di Enrico Berlinguer, ma anche più indietro per ricordare le basi della nostra storia, la lotta al fascismo; il Risorgimento prima. Erano visioni differenti, allora si doveva ricostruire, lottare per i diritti. 

Ora è pessimista?
No, sono un’irriducibile ottimista. Altrimenti mi sarei ritirata di buon grado, invece vado avanti. Posso anche essere scomoda, ma non insulto mai nessuno. 

Che cosa direbbe a Giorgia Meloni?
Di impegnarsi di più per le donne. Anch’io sono contro l’aborto, ma ho lottato affinché quella legge fosse votata e gli arretramenti di questi giorni non aiutano le donne. Poi, vorrei più rispetto per le istituzioni: gridare non serve. Il Parlamento non è una piazza. Per non parlare del piano Mattei.

Cioè?
No, meglio una domanda di riserva.

Come sta il Pd?

Elly Schlein?
Mi piace, ma per la segreteria ho votato Stefano Bonaccini. A mio avviso dovevano dividersi la carica: segretario e vice. Servono esperienza e novità, ma se il Pd non riparte dai territori non andrà molto lontano.

Però, abbiamo una premier e, all’opposizione, un’altra donna?
Non sono affezionata alla superficie. Attendo ancora cambiamenti da parte di entrambe.

E se dovesse scavare?
Dovrei tornare agli Anni Ottanta dove ci fu un movimento di massa contro le armi che vide le donne in prima fila. Si lottava contro le multinazionali dei costruttori, le lobby, gli euro missili. Quello fu un movimento di formazione che non si può dimenticare. Se continui a costruire armi le devi anche utilizzare. 

Questo lo dice anche papa Francesco.
Certo, e con lui, molti scienziati. È necessario arrivare a proposte concrete a livello mondiale per abbassare le spese militari, altrimenti ci distruggeremo. 

In prima fila per la pace

Quindi, è contraria all’esercito europeo?
Prima pensiamo ad una politica estera condivisa, meglio è. Ora quella che abbiamo non è degna di questo nome. Il mondo è cambiato, ben prima della caduta del muro di Berlino del 1989. Dobbiamo considerare non solo l’Europa, ma l’Africa, l’Asia, l’America. 

È vero che portò Enrico Berlinguer a Valdagno?
Era il 1974, si doveva votare per il referendum sul divorzio, lui voleva un comizio alla Marzotto. Allora ero la segretaria cittadina del Pci. 

Il segretario incontrò Marzotto?
No, erano tempi duri. Non fu facile nemmeno ottenere gli spazi. Ma riuscimmo ad organizzare un comizio nella portineria durante il cambio di turno per poter intercettare più operai. Ricordo un aneddoto di quella giornata.

Racconti. 
Sul piccolo palco potevamo salire sono in tre: per cui Berlinguer, io e poi ci dovevano essere i segretari provinciali e regionali, ma per non fare torto a nessuno dei due, chiamai un partigiano: Lorenzo Griffani. E sotto il palco c’era un’altra resistente Gianna Perlato. Quando scese Berlinguer lo prese per un braccio, gli fece un buffetto e gli disse “Enrichetto te si bravetto, ma tanto magretto... ”. Lui mi guardò e mi chiese di tradurre. 

L'arrivo di Berlusconi

Venne eletta nell’anno della discesa in campo di Silvio Berlusconi, che cosa ricorda?
La sua vittoria ha segnato il disastro culturale e politico di questo Paese che da allora è stato inesorabile. Ne paghiamo ancora le conseguenze. Ha legittimato il Movimento sociale italiano diventato poi Alleanza nazionale, senza contare la sua vita, le Tv, i processi e molto altro. 

E a sinistra ?
Ci sono voluti anni. Con Walter Veltroni e la nascita del Partito democratico si poteva tentare di uscire dalla notte per costruire un’alba sulle grandi questioni dell’umanità, ma ci siamo persi.

Il futuro?
Sono molto preoccupata per la fine che faremo, non c’è nessuno in grado di pensare alle nuove generazioni. Ci stiamo avvicinando ad una catastrofe che riguarda un pezzo consistente dell’umanità. Sono ottimista, l’ho detto anche all’inizio, ma serve volontà. 

Quella che continua a sentire per Ilaria Alpi e Miran Hrovatin?
Si tratta di un impegno politico e civile che non intendo abbandonare. Ho conosciuto e sentito l’amore immenso che due genitori provavano per la loro unica figlia. Poi, c’è l’Italia: non ha mai chiesto vendetta, solo verità. Credo sia indispensabile cercarla. Anche dopo trent’anni. 

Chiara Roverotto

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