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Vicenza

Viaggio dentro l'ex carcere di San Biagio / LE IMMAGINI

La prigione, di proprietà di Demanio e Comune è abbandonata dal 1986 e non ci sono segnali di recupero. Giacigli, siringhe e degrado.
Il viaggio fotografico a San Biagio

Hanno piegato la rete, hanno sfondato la muratura per creare un varco. Pezzi di (centro) città che cadono nell’oblio e diventano terra di nessuno. Bivacchi, consumo e spaccio di droga, bottiglie di alcolici ma anche solo muri sfregiati da scritte. Pareti che meriterebbero altre sorti. 

Un buco nella rete del parcheggio Fogazzaro diventa un ingresso

Un buco nella rete del parcheggio Fogazzaro, dall’ingresso di contra’ Pedemuro San Biagio. Poi, qualche passo in bilico sul Bacchiglione e quindi su, verso un’altra rete che è stata prima segata e poi piegata quel tanto che bastava per poter accedere senza particolari problemi al vastissimo complesso delle ex carceri. Circa 20 mila metri quadrati divisi tra la proprietà del demanio e quella dell’amministrazione comunale abbandonati dal 1986, quando l’amministrazione carceraria ha deciso di lasciare. E ci sono angoli del vecchio carcere che sembrano fermi a quei giorni, un numero di “Reporter” con i programmi tv della serata e un paio di riviste a luci rosse d’epoca con Ilona Staller in copertina. Ma anche una lettera di un papà al “carissimo figlio” detenuto che non può andare a trovare perché “le giornate sono fredde, corte e piovose”. E poi gli elenchi delle guardie carcerarie in servizio in quelle settimane e molti altri documenti che giacciono in una stanza con uno schedario divelto, un tavolo traballante e un bagnetto scassato. I percorsi utilizzati dalle persone che cercano rifugio nelle ex carceri, anche solo per vendere o comprare droga tranquillamente o per fare una scritta con le bombolette spray (nessun graffito degno di nota visualizzato) sono chiari. 

Devis Vezzaro e la sua mappa dei luoghi dell'abbandono

Ci guida all’interno Devis Vezzaro, dell’associazione “I luoghi dell’abbandono” che conosce bene l’area. Aveva chiesto e pensato di poterla utilizzare per organizzare una mostra dedicata proprio al passato delle carceri. Una richiesta rimasta sospesa e inascoltata mentre il complesso si spegne ancora di più, aggiungendo polvere alla polvere.
Guardando dalle grate delle celle chiuse, sia nel ramo femminile, sia in quello maschile nei piani superiori, l’impressione è che qualcuno ancora possa celarsi all’interno per scontare una pena. In questo caso, il carcere è diventato casa e bisogna guardare nelle celle aperte per trovare bivacchi, resti di vite ai margini.

Per terra si trova qualche siringa ma anche ostacoli che sembrano essere stati lasciati come “allarme”: quasi impossibile passare senza inciampare in una porta o in un filo di ferro. E tra soffitti come nuovi (lato demanio) e affreschi di cui si intravede quasi solo l’ombra, si arriva al chiostro in cui si scorgono strane gabbie-trappola artigianali, confezioni di ammoniaca che potrebbero servire per tagliare gli stupefacenti e cumuli di rifiuti. Poi, si risale verso l’ufficio magistrati e sala del comandante. Si passa in quella che pare come un’aula colloqui con tanto di vetro divisorio.

Karl Zilliken

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