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L'intervista

Giorgio Palù: «Covid, stop alla paura. La pandemia è finita»

Il presidente dell’Aifa interviene parlando dell’evoluzione del virus.

«L’Oms va cauta perché non si sa cosa accade in un continente come la Cina dove, come sappiamo, la pandemia scoppiò a gennaio del 2020 e fino a dicembre dello sorso anno su un miliardo e mezzo di abitanti il governo dichiarava 8 mila morti, una cosa assurda. Sì, l’Oms continua a dire che è ancora un’emergenza di sanità pubblica di preoccupazione internazionale, ma, in fondo, è tornata alla definizione che usava all’inizio ancora prima di definire Covid-19 una pandemia». L’atteggiamento riflessivo dell’Oms che tarda a dare il cessato allarme sul Covid ha un significato relativo per Giorgio Palù, professore emerito di microbiologia all’università di Padova, scienziato del Gotha mondiale della virologia, da dicembre del 2020 presidente dell’Aifa, Agenzia italiana del farmaco. 

Solo una questione prudenziale?
L’Oms con i suoi esperti di varia estrazione risponde ad esigenze geopolitiche ma ha anche la responsabilità di dover dettare linee-guida globali, e procede con i piedi di piombo. Ricordiamoci, però, che, prima del Sars-Cov2 erano diventate una public health emergency infezioni da virus Zika ed Ebola, e lo erano state quelle da Chikungunya, Nipah, Hendra, addirittura Monkeypox, il vaiolo delle scimmie, che in tutto il mondo ha avuto meno di 70 mila casi ed una decina di decessi. 

Ma, secondo lei, prof. Palù, non c’è più un vero rischio?
Stiamo vivendo una fase che, dal punto di vista virologico, è sicuramente post-pandemica. Questo virus si è così evoluto che, rispetto all’inizio, è certamente diventato più contagioso. L’R0 è salito da 2 a 14-15 avvicinandosi a quello del virus a più alto tasso di contagio per l’umanità che è il morbillo, ma ormai il Sars-Cov2 è poco più di un raffreddore, anzi la sua maggiore affinità per il recettore cellulare lo fa bloccare a livello delle vie aeree superiori dove entra per endocitosi, viene cioè inglobato dalla cellula, mentre in precedenza raggiungeva le vie profonde all’interno degli alveoli fino a diffondersi nel sangue e negli altri organi.

Insomma, è un Sars-Cov2 diverso, non più temibile come prima. 
Non è più la stessa malattia. Ormai questo virus, e non solo perché lo dica io, ma lo affermano virologi famosi come Chistian Drosten, Thomas Mertens, riconosciuti coronavirologi inglesi e statunitensi, è diventato endemico, continua a circolare nella popolazione come fanno gli altri 4 Coronavirus del raffreddore. 

Nessun timore, perciò, per l’ultima variante, il virus Arturo, che in India sta causando una nuova ondata? 
Ma no. Colpisce i bambini con congiuntivite e raffreddore come da noi fanno i virus para-influenzali. 

Vaccinarsi, allora, non serve più? 
Fra chi ha fatto un ciclo completo di vaccinazioni più il booster, oppure le due dosi ed è stato esposto al virus, credo che, su 8 miliardi di persone e con 15 miliardi di dosi vaccinali fatte, l’immunità, quella naturale che si ottiene con l’infezione e quella artificiale che si ha con i vaccini, sia diventata così pervasiva che l’80-90% della popolazione risulta di fatto immunizzato. Per questo il virus oggi è più infettivo ma meno letale in quanto, come insegnavo ai miei studenti e come ho pubblicato su un lavoro uscito da poco, più è diffusivo meno è mortale. 

Cioè? 
I virus molto letali, soprattutto quelli che passano dall’animale all’uomo come Ebola, Nipah, Hendra, Sars-Cov1, Mers, scompaiono molto rapidamente. C’è un rapporto inverso fra contagiosità e letalità. E’ una costante caratteristica per tutte le sottovarianti di Coronavirus che sono comparse. All’inizio il virus di Wuhan aveva un R0, il numero di riproduzione infettiva di base di 2-2,4, vale a dire un singolo malato infettava poco più di 2 persone, e una letalità del 2,5%, mentre le varianti di Sars-Cov2 oggi in circolazione hanno un R0 di 14-15 se non di più, e una letalità dello 0,01%. Come un’influenza. 

A chi tocca perciò fare il richiamo?
In questa fase è consigliato agli anziani delle case di riposo, che sono persone particolarmente gracili. E, poi, ai trapiantati, ai pazienti oncologici, agli immunodepressi, a quanti sono affetti da malattie croniche debilitanti, e agli operatori sanitari che per ragioni professionali sono a contatto con soggetti fragili. 

E per chi è fuori da queste categorie? 
Aspettiamo la campagna autunnale che combinerà la vaccinazione antinfluenzale con quella anti-Covid 19 utilizzando la variante di Sars-Cov2 prevalente al momento. Anche perché adesso, in primavera, si vaccinerebbero in pochissimi. E poi avrebbe poco senso dal punto di vista virologico e immunologico. Sottoporre a tanti stimoli vaccinali ravvicinati nel tempo una persona già completamente immunizzata potrebbe invece di aumentare la risposta, provocare un certo grado di immunotolleranza. 

I vaccini attuali in che misura proteggono? 
Molto, il 90 per cento, dall’infezione grave e dalla mortalità, ma poco, il 30-40 per cento, compresi i booster, dall’infezione. 

Franco Pepe

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