«La conosce la poesia di Trilussa "La ninna nanna della guerra?" Se non la conosce le consiglio di leggerla, è da imparare a memoria». Quei versi sono un distillato dal sapore amaro che a Fausto Senigaglia riportano alla mente un giorno preciso: il 18 novembre del 1944. «D'un tratto si sentì un rumore fortissimo, come fosse un tuono, guardai in su, vidi gli aerei e dei piccoli puntini che scendevano».
Quei piccoli puntini, come fu terribilmente chiaro poco dopo, erano bombe a spillo. «In una città del Veneto è stato sperimentato un nuovo tipo di bomba, l'esperimento ha avuto un ottimo risultato», comunica Radio Londra. L'ottimo risultato sono centinaia di vicentini, persone normali, dilaniate.
Sono passati 79 anni. Oggi Senigaglia ha «90 carnevali», una moglie, tre figli, sei nipoti. Quel giorno, sì, quel tragico 18 novembre, di anni ne ha 11. La vita lo ha già messo alla prova, orfano di padre dall'età di 4 anni, la mamma che vive e lavora in una famiglia del centro città, lui ospite degli zii, poi in collegio dalle suore, poi ad imparare un mestiere al San Gaetano. «A quei tempi il problema principale era la fame».
Ecco, a quei tempi ci ripensa spesso. Soprattutto ultimamente che la guerra è tornata, in Ucraina e in Medio Oriente. E di quel 18 novembre ha in testa ogni minuto. Fotogramma dopo fotogramma. Come un film di guerra in bianco e nero di cui si conosce ogni singola scena. Solo che quello che è accaduto non è un film. È la realtà che viene sbattuta davanti agli occhi sgranati di quel bimbo undicenne.
La sera precedente ci sono delle avvisaglie: la Royal Air Force britannica sgancia bombe sulla città, è il sesto bombardamento che colpisce il capoluogo berico che viene preso di mira perché ha uno snodo ferroviario importante ma soprattutto perché c'è il Dal Molin e infatti i bombardamenti del 17 novembre si concentrano lì, nella zona dell'aeroporto militare. Ma non è niente rispetto all'apocalisse del giorno dopo quando la morte arriva dal cielo a metà di una mattina di sole. «
Saranno state più o meno le 10, io ero per strada con due miei cuginetti e una carriola, stavamo andando a Debba», ricorda Senigaglia. Improvvisamente un rumore fortissimo e lo sguardo rivolto all'insù: «C'erano degli aerei che viaggiavano a gruppi di otto-dieci». E dagli aerei cadevano una pioggia di "puntini". «Noi bambini non capivamo perché quelli che chiamavamo alleati ci stavano bombardando. In collegio le suore ci parlavano d'amore ma vedevamo l'inferno attorno».
L'inferno si materializza in quelle piccole bombe che all'impatto con il suolo si frantumano in migliaia di schegge smembrando le persone. «La cosa che più ci sconvolse, la cosa più bestiale, fu proprio l'utilizzo delle bombe a spillo perché quel tipo di ordigno non aveva lo scopo di colpire un obiettivo militare. No, quel tipo di ordigno serviva per ammazzare i civili». E infatti fu una carneficina: più di trecento i civili morti secondo le stime ufficiali, cinquecento secondo altre ricostruzioni. Mai così tanti a Vicenza. «Fu un inferno».
Morte e distruzione. «Nelle settimane successive ho visto intere zone della città in macerie, anche la casa dove lavorava mia mamma era distrutta e verso la fine della guerra anche lei rimase gravemente ferita in un bombardamento». Senigaglia, con i suoi "90 carnevali" e una lucidità da far invidia a chi ha la metà dei suoi anni, a quei tempi ci ripensa soprattutto in quest'ultimo periodo. «Anche quello di oggi non è un bel mondo, vedere certe immagini mi strazia il cuore». Immagini di ieri e di oggi che si legano a doppio filo.
E quella poesia di Trilussa da mandare a memoria: "Ninna nanna, pija sonno ché se dormi nun vedrai tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno fra le spade e li fucili de li popoli civili".