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Rifiuti, da bonificare 365 mila metri cubi

Lo stabilimento della Safond Martini a Montecchio Precalcino: la procura indaga sui rifiuti pericolosiI militari della guardia di finanza durante il sequestro dell’altro ieri
Lo stabilimento della Safond Martini a Montecchio Precalcino: la procura indaga sui rifiuti pericolosiI militari della guardia di finanza durante il sequestro dell’altro ieri
Lo stabilimento della Safond Martini a Montecchio Precalcino: la procura indaga sui rifiuti pericolosiI militari della guardia di finanza durante il sequestro dell’altro ieri
Lo stabilimento della Safond Martini a Montecchio Precalcino: la procura indaga sui rifiuti pericolosiI militari della guardia di finanza durante il sequestro dell’altro ieri

Un quadro inquietante e si spiega perché l’altro giorno a Montecchio Precalcino erano presenti anche i magistrati. Una discarica abusiva di rifiuti speciali pericolosi tra cui anche residui di centrali termoelettriche conferiti negli anni Ottanta. Sorge su svariati ettari contaminati di proprietà della Safond Martini in via Terraglioni a Montecchio Precalcino. Si stima la presenza di 365 mila metri cubi totali di materiale inquinante come metalli pesanti, idrocarburi totali e idrocarburi policiclici aromatici. Quest’ultimi sono benzeni cancerogeni per il superamento delle Csc, “Concentrazioni soglia di contaminazione”, come scrivono i pubblici ministeri Hans Roderich Blattner e Cristina Carunchio nella richiesta di sequestro preventivo per quella che a tutti gli effetti è una bomba ecologica. I SIGILLI. Il gip Matteo Mantovani ha ordinato i sigilli dell’area inquinata a seguito dell’inchiesta avviata a fine 2017. Sul registro degli indagati sono finiti Andrea Dalle Rive, 43 anni, di Marano (avv. Marco Grotto) con la pesante accusa di inquinamento ambientale, in qualità di amministratore delegato con deleghe ambientali della società Safond Martini srl dal 28 gennaio 2009 al 14 settembre 2016, e il livornese Enrico Barbarese, 60 anni, di Campiglia Marittina (avv. Marco Dal Ben) per il meno grave reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata dal 23 ottobre 2017 al 5 ottobre 2018. Di questo reato risponde anche Andrea Dalle Rive per tutto il periodo precedente non coperto da prescrizione. Va precisato però che Barbarese e i suoi collaboratori hanno un ruolo meritorio. Il sequestro è stato eseguito l’altra mattina dai finanzieri del colonnello Crescenzo Sciaraffa del nucleo di polizia economico-finanziario di Vicenza a distanza di pochi giorni dal deposito della richiesta dei pm titolari dell’indagine, coordinati dal procuratore capo Antonino Cappelleri, vista la gravità della situazione per i terreni della società ex Martini acquistata da Rino Dalle Rive nel 2008. Fu in quell’anno che la famiglia Dalle Rive acquistò le srl Fimart e Zero Immobiliare. I lotti di terra coinvolti dall’inchiesta sono denominati “T 44” e “T 50” sui quali insiste la Safond Martini per complessivi 15,6 ettari. «Stiamo lavorando a fondo perché la situazione è seria», ha spiegato l’altro giorno il procuratore Cappelleri ai cronisti. LA STORIA. La Safond Martini, com’è noto, dal 2017 è commissariata perché è in concordato preventivo di continuità dopo l’insolvenza determinata dalle speculazioni sul nichel wire di Rino Dalle Rive, che ha comportato una perdita secca di 14 milioni di euro. Attualmente la gestione caratteristica del Cda presieduto da Enrico Barbarese è ampiamente positiva, ma il nuovo corso aziendale è alle prese con l’inquinamento che lui stesso ha contribuito a far emergere dopo l’esposto degli attuali amministratori, consapevoli della gravità del quadro ambientale ereditato. Una situazione cui bisognerà mettere mano con una bonifica che costerà un sacco di milioni di euro. Impossibile quantificarli. L’INDAGINE. È stato Roberto Furesi, attuale delegato ambientale della Safond Martini, a dettagliare agli inquirenti la situazione dopo avere incaricato la società “G&T” di eseguire due studi approfonditi sull’intera superficie della Safond Martini. Nel lotto “T 50” sono stati riscontrati idrocarburi e mercurio «in due-tre zone confinate, sopra la soglia di tolleranza», mentre nel lotto “T 44” il quadro è ancora più compromesso. Si parla di metalli pesanti come cromo, nichel, piombo, cadmio e zinco, idrocarburi totali, policiclici aromatici come diossine e furani. Tutti materiali il cui smaltimento sarebbe stato molto costoso e che si è preferito interrare non si sa bene in che anni. Il gip scrive che nel lotto “T 44”, dove negli anni Ottanta funzionava una cava ma convertita in discarica, «era stato riscontrato il plurimo superamento delle Csc per i metalli pesanti anche in profondità ed a contatto con le falde acquifere». Dai successivi rilievi però non ci sarebbe la contaminazione della falda. Il condizionale è d’obbligo perché il gip con la formula dell’incidente probatorio potrebbe incaricare dei periti di eseguire una vasta fotografia ambientale, necessaria per fissare le responsabilità penali. Si tratta di un’indagine tanto più importante anche per rassicurare gli abitanti della zona. Con la salute collettiva non si può scherzare e viene prima di tutto. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Ivano Tolettini

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