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Piovene Rocchette

Svolta choc in Sud Sudan. «L'attentato al vescovo vicentino ci fu ordinato da un prete»

Mons. Christian Carlassare, 44 anni, di Piovene, è il più giovane vescovo italiano nel mondo
Mons. Christian Carlassare, 44 anni, di Piovene, è il più giovane vescovo italiano nel mondo
Mons. Christian Carlassare, 44 anni, di Piovene, è il più giovane vescovo italiano nel mondo
Mons. Christian Carlassare, 44 anni, di Piovene, è il più giovane vescovo italiano nel mondo

Un agguato premeditato «commissionato da un sacerdote», come atto intimidatorio per non far insediare il nuovo vescovo. La svolta choc nell’inchiesta sull’attentato a mons. Christian Carlassare, vescovo eletto di Rumbek, in Sud Sudan, arriva dalla confessione dei due assalitori indagati dall’autorità giudiziaria del Paese africano. La notte del 25 aprile dello scorso anno, scaricarono cinque colpi d’arma da fuoco sulle gambe del missionario comboniano di Piovene Rocchette, poche settimane dopo la sua nomina a vescovo (avvenuta l’8 marzo) e poche prima del previsto insediamento (fissato al 23 maggio 2021).
Quell’agguato avrebbe potuto costare la vita a padre Carlassare, 44 anni, il più giovane vescovo italiano nel mondo, che fu salvato da un intervento chirurgico all’ospedale di Nairobi, in Kenya. L’effetto immediato dell’attentato fu il congelamento della sua consacrazione, un nodo sciolto solo tre giorni fa, quando la Chiesa ha fissato la nuova data: il 25 marzo prossimo. Sarà, finalmente, la chiusura di un cerchio di sofferenza e incertezza.

E un altro cerchio sta per chiudersi, quello della verità giudiziaria. «Il processo è in corso», ha ricordato al Giornale di Vicenza lo stesso mons. Carlassare, due giorni fa, senza giustamente entrare nei dettagli in attesa della sentenza. Ma gli sviluppi dell’inchiesta trapelano in queste ore e a riportarli è la testata sud sudanese The city review. «Martedì scorso - hanno scritto - i sospettati dell’attentato al vescovo eletto Carlassare hanno confessato di aver complottato la sparatoria per spaventarlo a non tornare a Rumbek. Hanno detto che la sparatoria è stata ideata da padre John Mathian, l’ex custode della diocesi di Rumbek ». E ancora: «Il sospettato numero sei Laat Makur Agok, ha confessato davanti al giudice dell’Alta Corte, Alexander Sabor Subek che padre Mathian aveva incaricato lui, il sospetto numero due (Samuel Maker) e il sospetto numero cinque (Morris Sebit), di attaccare il vescovo eletto», affinché fosse «lui, padre Mathian, il primo vescovo sud-sudanese della diocesi di Rumbek».

Secondo quanto riportato da The city review, «Laat ha affermato che padre Mathian ha promesso loro protezione dopo che la sua missione prevista è stata compiuta perché era noto ai funzionari del governo». Durante l’interrogatorio, «Morris Sebit ha confessato di essere stato lui a sparare, mentre Laat è rimasto fuori dal cancello perché non aveva una pistola. Ha affermato che il motivo dietro il loro attacco era quello di rubare denaro». Da parte sua «Laat ha detto di non aver sparato al vescovo eletto perché non aveva mai avuto una pistola la notte del crimine», ma «ha ammesso che è stato il suo cellulare a cadere nel recinto della chiesa». Fin dalle prime ricostruzioni, era emerso che il telefonino di uno degli assalitori era stato smarrito sul luogo dell’agguato, finito sotto il corpo di mons. Carlassare, che si era accasciato dopo essere stato ferito. Quel cellulare è stato fondamentale per indirizzare le indagini. 

Marco Scorzato

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