<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
L'intervista

Il Nobel a Schio
«Vedremo com’è
nato l’universo»

.
Sala gremita e tanti giovani per il premio Nobel Kip Thorne. FOTO STUDIOSTELLA-CISCATO
Sala gremita e tanti giovani per il premio Nobel Kip Thorne. FOTO STUDIOSTELLA-CISCATO
Il premio Nobel Kip Thorne a Schio (STUDIOSTELLA-CISCATO)

SCHIO. «Call me Kip, chiamatemi Kip». Se la grandezza di una personalità si valuta anche dall’affabilità e disponibilità, Kip Thorne ha vinto il Nobel due volte. Cortese e alla mano, tanto con chi gli chiede una foto ricordo, quanto con chi ha la possibilità di avvicinarlo per parlare di un’avventura intellettuale straordinaria, partita quanto aveva 4 anni e suo nonno gli disse: “Se trovi un lavoro che per te è un gioco, avrai successo”, e culminata con il premio Nobel per la fisica, assegnatogli l’ottobre scorso per la scoperte delle onde gravitazionali con il progetto Ligo. Thorne, statunitense di 77 anni, era a Schio su invito del Gruppo astrofili.

 

Cos’ha pensato quanto ha ricevuto la notizia che aveva vinto il premio Nobel?

Erano le 2.50 di notte quando ho ricevuto la telefonata del segretario generale della Fondazione Nobel, il quale mi disse: “Non sarà una sorpresa per te aver vinto il premio per la fisica insieme ai colleghi Rainer Weiss e Barry Barish”. Gli risposi che non era una sorpresa, ma ero molto deluso perché il premio doveva essere assegnato a tutta la squadra, composta da mille ricercatori, che aveva contribuito al risultato e non solo a tre persone. Così abbiamo avuto una lunga discussione a riguardo perché, per me, questa scoperta poteva essere fatta solamente con un grande lavoro di collaborazione e non sarebbe potuta avvenire in altro modo. Tutte le persone che vi hanno lavorato meritano il Nobel.

 

Com’è cambiata la sua vita?

Ora ricevo molte più email e a volte qualcuno mi riconosce anche in aeroporto o, quando visito l’Europa, nelle stazioni ferroviarie. Ricevo ogni giorno almeno tre inviti per intervenire a conferenze in tutto il mondo e solitamente li declino, ma stavolta ho fatto un’eccezione accettando la proposta di Sara Federle. È la seconda volta nella mia vita in cui accetto di tenere una lezione per un evento organizzato da un’associazione amatoriale.

 

Perché era così importante cercare una conferma della teoria della relatività di Einstein?

La conferma non era molto importante, quanto la creazione di un nuovo modo per esplorare l’universo. Ci sono solo due tipi di onde che possono viaggiare nel cosmo trasportando informazioni remote: le onde elettromagnetiche, che includono la luce e le onde radio, e quelle gravitazionali. Galileo fu il primo ad avviare l’astronomia elettromagnetica puntando il suo cannocchiale al cielo per studiare i segnali dei corpi celesti trasportati dalle onde elettromagnetiche, mentre il progetto Ligo ha avviato l’astronomia gravitazionale che studia gli effetti del secondo tipo di onde nell’universo. Le scoperte di Galileo furono rivoluzionarie, cambiarono il modo di comprendere l’universo, e l’astronomia gravitazionale, insieme a quella elettromagnetica, sta facendo nuovamente questo. Si è creata così una nuova disciplina: l’astronomia multimessaggero. Questa è la ragione per cui ho speso gran parte della mia carriera, non per confermare Einstein.

 

Cosa pensa della collaborazione degli scienziati italiani con il progetto Virgo?

Abbiamo visto i frutti della collaborazione con il progetto Virgo nell’agosto dell’anno scorso. Ligo ha scoperto le onde gravitazionali nate dalla collisione di, credo, cinque coppie di buchi neri prima che Virgo fosse in grado di intervenire. Gli scienziati europei di Virgo hanno poi analizzato i dati che avevamo raccolto. Quando Virgo è entrato in funzione, per la prima volta, abbiamo individuato con accuratezza il punto del cielo in cui poter puntare la nostra strumentazione. Così Ligo e Virgo hanno osservato per la prima volta la collisione di due stelle di neutroni, che hanno prodotto tutte le forme di onde elettromagnetiche e gravitazionali. È stata una svolta nell’astronomia, senza il progetto Virgo ciò non sarebbe stato possibile.

 

Cosa ci si aspetta di vedere in futuro? Le onde gravitazionali sono una finestra per conoscere l’origine dell’universo?

Sono un modo per scoprire una parte di universo che altrimenti non potremmo vedere. Le onde gravitazionali sono il solo tipo di radiazioni prodotte nella nascita dell’universo, che possono viaggiare nella densità della materia sino a noi e darci un’immagine del momento primordiale in cui tutto si è formato. Ciò è molto emozionante, ma allo stesso tempo, con l’astronomia elettromagnetica, stiamo studiando come le onde prodotte dalle collisioni delle stelle di neutroni influenzino la nascita di metalli come oro e platino nel nostro pianeta.

 

Ci sono altre idee per rilevare le onde gravitazionali?

C’è una missione dell’agenzia spaziale europea, chiamata Lisa, che ha tre stazioni orbitanti per rilevare e mappare i grandi buchi neri in base alle onde gravitazionali. Inoltre c’è una tecnica, evoluta dalla radioastronomia, che osserva il tempo tra una pulsazione e l’altra quando si captano le onde, così si crea una mappa accurata del loro andamento. Tutti questi metodi cercano di captare le onde gravitazionali che stanno alla base dell’universo e ciò potrebbe avvenire anche nei prossimi vent’anni in base all’evoluzione degli strumenti tecnologici.

 

Qual è la sua opinione sulla teoria del Tutto?

Io penso che esista (sorride). I fisici la troveranno, e la capiranno, anche resta probabilmente uno dei problemi più complicati della scienza. Ma sono ottimista.

 

Film come Interstellar sono efficaci per divulgare la scienza tra le giovani generazioni?

Ho fatto Interstellar per due ragioni: la prima è che sono un fan, la seconda è per le nuove generazioni. Non credo si possa insegnare molto sulla scienza con film come questo, ma possono ispirare molte persone ad approfondire la scienza. 

 

(Ha collaborato Sara Panizzon)

Gianmaria Pitton

Suggerimenti