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Monteviale

Baita alpina, indagati il sindaco Cegalin e il segretario comunale

Al centro dell’inchiesta l’accordo fra Comune di Monteviale e penne nere: l’intesa avrebbe favorito indebitamente il gruppo a svantaggio del pubblico.
Monteviale, la baita degli alpini al centro del caso
Monteviale, la baita degli alpini al centro del caso
Monteviale, la baita degli alpini al centro del caso
Monteviale, la baita degli alpini al centro del caso

L’accordo di transazione sottoscritto dal Comune di Monteviale con il Gruppo alpini del paese per la “baita alpina” avrebbe creato un danno economico al municipio. È questo il sospetto della procura, che con il pubblico ministero Corno ha avviato un’indagine iscrivendo sul registro degli indagati il sindaco Claudio Cegalin e il segretario comunale Renato Graziani. Le ipotesi di reato sono l’abuso d’ufficio e il falso. A darne comunicazione è stato lo stesso Cegalin, che nelle scorse settimane aveva accolto in municipio i carabinieri della procura mandati dal magistrato per acquisire gli atti della vertenza. «Un avviso di garanzia che mi ha lasciato sbalordito», afferma il primo cittadino.

Il caso

La questione a Monteviale è nota perché se ne dibatte da anni. Nel 1994 gli alpini edificarono la loro sede, ma non venne mai sottoscritto un comodato d’uso; ciononostante il gruppo la utilizzò fino a quando, nel 2018, l’allora amministrazione comunale guidata da Elisa Santucci scoprì la mancanza del documento e avviò una trattativa per definire la situazione, che non portò a un risultato. Gli alpini, assistiti dall’avv. Luciano Guerrini, promossero una causa civile per accertare l’esistenza del contratto, ma persero sia in primo che in secondo grado contro il Comune, e furono condannati a pagare le spese. Durante la campagna elettorale 2021 l’allora candidato Cegalin promise che avrebbe risolto il caso; poi fu eletto. Nel febbraio di un anno fa il consiglio comunale approvò la delibera - fortemente osteggiata dagli ex amministratori, ora in minoranza - in base alla quale fu firmato un atto di transazione in sede di mediazione in base al quale gli alpini pagarono 14 mila euro (le spese legali delle due cause), rinunciando al ricorso in Cassazione e impegnandosi a compiere alcuni lavori di pubblica utilità. La baita alpina tornò in uso al gruppo.

Le accuse

Per la procura, che ha avviato gli accertamenti dopo un esposto firmato dai consiglieri di minoranza, con quell’accordo si è «intenzionalmente procurato un ingiusto vantaggio» per le penne nere, con pari danno per il Comune. Perché? L’intesa avrebbe portato il Comune a rinunciare a pretese ritenute fondate dai tribunali; a questo si aggiunga che la delibera portata in consiglio comunale aveva il parere negativo della responsabile dell’area contabile del Comune Sabrina Morello e del revisore dei conti Andrea Brazzale, oltre che del legale che aveva sempre seguito il municipio, l’avv. Manuela Ventura. Non solo; il falso Cegalin e Graziani lo avrebbero commesso dicendo nel “verbale di deliberazione” del consiglio comunale che volevano evitare una nuova causa, quella per “indebito arricchimento” del Comune che gli alpini volevano intraprendere, quando in realtà il municipio aveva già vinto le altre. Ancora, tacendo il fatto che l’ultima bozza di accordo non era stata vista da Brazzale e Morello in tempo per il consiglio; e dicendo che il Comune ci avrebbe rimesso a continuare la battaglia legale, quando in realtà sarebbe stato danneggiato economicamente dalla transazione, ritenuta «manifestamente deteriore per l’ente pubblico» dagli inquirenti.

L’indagine

I carabinieri dovranno ora esaminare telefonino e pc degli indagati per verificare i loro contatti in quel periodo con consiglieri comunali e alpini, il cui presidente a Roberto Cegalin («il figlio di mio cugino - dice il sindaco -. Ma in paese ho 200 parenti»). «Questa vicenda - si difende il primo cittadino - aveva spaccato il paese. Mia volontà era di pacificarlo e di raggiungere un’intesa. Ho chiesto pareri legali, ho cercato una via che mettesse tutti d’accordo. Sono pronto a farmi interrogare con l’avv. Giovanni Manfredini e a spiegarlo al pm». 

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