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Asiago

Positiva al Covid fece la spesa. Assolta, il medico non l’aveva avvisata

Nell’aprile 2020 per due volte si recò al supermercato mentre doveva essere chiusa in casa ma «il medico non l’aveva avvisata»

Era stato uno dei primissimi casi in provincia, di denuncia per le violazioni alle norme anti-Covid; e il primo processo in assoluto nel Vicentino. Ma, al termine di un articolato dibattimento, il giudice Bordoni ha assolto Stefania Bogotto, 54 anni, di Roana. L’imputata, difesa dagli avv. Giovanni Ceroni e Stefania Pornaro, doveva rispondere di non aver osservato «un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo», con l’aggravante di «esercitare una professione o un’arte sanitaria», in violazione di un Regio decreto del 1934; la procura aveva chiesto per lei il minimo della pena. 

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È positiva e in quarantena Ma fa la spesa

Stefania Bogotto fa l'operatrice sanitaria in una rsa

Bogotto, operatrice sanitaria di una casa di riposo sull’Altopiano, nel corso del 2020 si sarebbe recata due volte al supermercato, ad Asiago, nonostante fosse positiva al virus, con l’obbligo quindi di non uscire di casa. A leggere la norma - che era stata modificata dal decreto legge 19 del 2020, introdotto dal governo Conte - rischiava fino a 18 mesi di arresto e ad una ammenda di 5 mila euro. Da quanto ricostruito, era risultata positiva al Covid, in un periodo in cui le case di riposo erano diventate focolai, e venivano contagiati tanto gli ospiti quanto il personale. Per legge, l’imputata non avrebbe dovuto muoversi di casa durante la quarantena, una misura definita dal capo di imputazione un «divieto legalmente imposto per impedire la diffusione della malattia infettiva dell’uomo Covid-19».

Denunciata da qualcuno che l'aveva riconosciuta

Ciononostante, in due circostanze, a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, Bogotto, trovandosi in difficoltà perché non avrebbe avuto nessuno a cui chiedere una mano, si sarebbe bardata a dovere, fra mascherine, sciarpe e guanti, e si sarebbe recata in un vicino supermercato, per fare la spesa. In una di queste circostanze Bogotto sarebbe stata riconosciuta e qualche testimone aveva dato l’allarme al 112, facendo intervenire una pattuglia dei carabinieri che non solo l’aveva identificata, ma aveva anche verificato come lei fosse una di quelle persone che non potevano uscire in quei giorni dalla propria abitazione. Per questo l’operatrice era stata denunciata. 

Sentiti testimoni nella rsa e nel supermercato

In aula sono stati sentiti come testimoni sia i dipendenti del supermercato sia i vertici della casa di riposo. È emerso che il 3 aprile Bogotto si era sottoposta al tampone; l’esito era giunto l’8, mentre la spesa era andata a farla l’11 e il 16 di quel mese. La difesa ha rimarcato da un lato come non fosse mai stato comunicato ufficialmente all’imputata l’esito del tampone: lo aveva fatto in ospedale, e la notizia era stata data al suo medico di base e alla casa di riposo, ma non a lei. Non solo: l’obbligo amministrativo di stare in quarantena non le è mai stato notificato. Ancora, nel primo caso non vi sarebbero prove che l’operatrice era stata riconosciuta (era bardata); e poi con ogni probabilità il 16 si era già negativizzata. Infine, i legali hanno tentato la carta dell’incostituzionalità della norma. In attesa di leggere le motivazioni del giudice, Bogotto è stata assolta per la prima spesa perché il fatto non sussiste; e per la seconda perché non c’è prova certa che abbia commesso il reato. 

Diego Neri

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