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Valchiampo

Mazzata sul miele: prodotto dimezzato. Persi 300 mila euro

Freddo in primavera e fioriture “bruciate” dalla siccità. I più penalizzati sono quelli di castagno e acacia

Una mazzata per il miele della Valchiampo. Le perdite si aggirano tra il 30 e il 50 per cento sulla produzione totale. La causa di questo drastico calo va attribuita alle bizzarrie del clima. E, nello specifico, gli apicoltori registrano un 30 per cento di calo nella raccolta del miele di castagno e, addirittura, perditefino al 50 per cento per il miele d’acacia.

Clima pazzo, produzione di miele dimezzata

Ciò che ha determinato un’annata da dimenticare, o quasi, è una concatenazione di cause. Si va dal cambiamento climatico con sbalzi troppo repentini di condizioni atmosferiche, alle temperature troppo elevate passando per la mancanza di precipitazioni. Tradotto in termini economici, le perdite complessive per gli apicoltori della Valchiampo si aggirano sui tra i 250 mila e i 300 mila euro sulla media annuale.

Sono 93 mila gli alveari in Veneto. I numeri

Sono 93 mila gli alveari in Veneto, con 7.828 apicoltori, tra professionisti e hobbisti. Di questi, nella nostra provincia ce ne sono circa 1.300 e, nella Valle del Chiampo in particolare, gli apicoltori sono 130 con 1.500 alveari. Si tratta di circa 120 milioni di api che assicurano l’impollinazione di 28 miliardi di fiori al giorno. La produzione stimata per il 2022 in Valle del Chiampo è ridotta fino al 50 per cento per alcune qualità di miele. Lo conferma Roberto Zarantonello presidente dell’Apav, ovvero l’Associazione provinciale apicoltori di Vicenza: «Il millefiori primaverile ha una raccolta di circa 4 chili ad alveare, mentre l’acacia circa 8 o 10 chili per alveare. Il castagno e il millefiori estivo circa 5 chili ad alveare. Il miele di melata, zero, perché l’insetto che produce melata, Metcalfa, dal 2019 scarseggia o non c’è più sulle piante del bosco. Il prodotto 2022 dei 1.500 alveari della Valchiampo è quindi stimabile sui 28.500 chili complessivi, ossia meno di trenta tonnellate».

Il valore del miele prodotto non supera i 300 mila euro

Per gli apicoltori locali il guadagno per un chilo di miele De.Co., a Denominazione Comunale, va dagli 8 ai 10 euro. Tutt’altra questione quella del prezzo nei negozi, dove il miele può arrivare fino a 12 euro al chilo. Il valore economico stimato di quest’anno quindi non raggiunge i 300 mila euro, contro il mezzo milione o più per gli anni di produzione completa. Il presidente Zarantonello spiega i motivi: «L’andamento stagionale da inizio primavera ha avuto un clima siccitoso e un inverno particolarmente mite. L’inizio della primavera è stato caratterizzato da ottime fioriture, in particolare del ciliegio, con una situazione molto favorevole per le api. Ma ad aprile un ritorno del freddo ha ritardato la fioritura dell’acacia, dal 25 aprile all’8 maggio. E poi l’elevato sbalzo termico di maggio, accompagnato dall'assenza di precipitazioni, ha conseguentemente determinato una breve fioritura comportando una scarsa emissione di nettare da parte dei fiori».

Una situazione analoga, stando a Zarantonello, «si è verificata per la fioritura del castagno, avvenuta con temperatura anche al di sopra dei 30 gradi e siccità continua con scarsa emissione di nettare e fioriture brevi». Alla luce di tutti questi fattori, il presidente dell’Apav non esita a confermare che «l’annata 2022 è stata ridotta fino al 50 per cento. Sicuramente meglio del 2021 e del 2019 che è stato un “annus horribilis” per l’apicoltura in generale. In ogni caso la siccità persistente del periodo estivo e la mancanza di fioriture dei prati, dovute anche all’abbandono dei territori, stanno comportando la necessità di alimentare artificialmente le api utilizzando sciroppi zuccherini e canditi per gli alveari che non sono stati in grado di accumulare scorte sufficienti per l’inverno».

Matteo Pieropan

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