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IL PROCESSO

Emergenza Pfas: «All’Arpav è costata 5 milioni di euro»

L’ex direttore Dell’Acqua: «Abbiamo dovuto acquistare nuovi macchinari con un laboratorio più attrezzato d’Italia»
Processo Pfas: ieri sono riprese le udienze in Corte d’assise dopo la pausa estiva ZORDAN
Processo Pfas: ieri sono riprese le udienze in Corte d’assise dopo la pausa estiva ZORDAN
Processo Pfas: ieri sono riprese le udienze in Corte d’assise dopo la pausa estiva ZORDAN
Processo Pfas: ieri sono riprese le udienze in Corte d’assise dopo la pausa estiva ZORDAN

All’Arpav Veneto la gestione dell’emergenza Pfas è costata almeno 5 milioni. È emerso ieri, in Corte d’assise a Vicenza, alla ripresa del processo che vede imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari. Spazio ancora ai testi chiamati dalla Regione, parte civile, per accertare l’attività di Arpav, dell’Istituto superiore di sanità e Comune di Trissino.

L'interrogatorio d Brusaferro

A rispondere per primo alle domande degli avvocati Berardi e Tabasso è stato il presidente, fino al marzo 2021, dell’Iss, Silvio Brusaferro: «Nel 2019 - ha detto - è stato firmato con la Regione Veneto un protocollo d’intesa per affrontare la questione Pfas, ma le prime interlocuzioni risalgono al 2013. La Regione, tra il 2014 ed il 2022, ha versato 550 mila euro per sostenere la ricerca ed il monitoraggio dei Pfas». L’avvocato Ceruti, parte civile, ha chiesto come mai, nonostante comparisse tra i punti del protocollo d’intesa, non sia stato eseguito uno studio epidemiologico sulla popolazione esposta. «Non so perché non sia stato fatto», ha risposto Brusaferro.

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Il commissario Nicola Dell'Acqua

È stata quindi la volta di Nicola Dell’Acqua, prima commissario dal 2016 e poi direttore dal 2017 dell’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione dell’ambiente prima di assumere l’incarico di direttore d’Area sempre per la Regione Veneto. «Al mio arrivo - ha spiegato - l’inquinamento da Pfas era già palesato. Abbiamo indagato a 360 gradi. L’agenzia ha presentato denuncia dopo il ritrovamento di rifiuti interrati sulle sponde del Poscola. In seguito altre indagini hanno portato al rinvenimento del “Gen x” in falda e la conclusione è stata che provenissero dal processo produttivo svolto in Miteni». 

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Le spese di Arpav

Alle domande degli avvocati Costabile e Scuto ha affermato che «la verifica eseguita sugli impianti non ha evidenziato perdite» e che Miteni «aveva ottenuto l’Aia (l’autorizzazione al trattamento, ndr) nel 2014 per trattare il “Gen x”». Onerose le spese sostenute da Arpav per far fronte ai Pfas. «Abbiamo dovuto acquistare nuovi macchinari, approntare nuovi uffici, assumere personale, tanto da diventare il laboratorio più attrezzato d’Italia, oltre ad occuparci della gestione dei filtri ai carboni attivi. In totale una spesa tra i 5 e i 5,5 milioni di euro».

Alla domanda dell’avvocato Costabile se prima del 2013 siano mai state intraprese azioni di bonifica per l’inquinamento risalente agli anni ’70 da Btf la risposta è stata «no». Giorgio Gugole, a capo dell’ufficio tecnico e l’assessore all’ambiente di Trissino Gianpietro Ramina hanno confermato che «prosegue la fuoriuscita di Pfas nonostante la barriera idraulica, le concentrazioni sono ancora alte ma in diminuzione. Tra i responsabili individuati dalla Provincia, solo Ici3 ed Eni partecipano alla messa in sicurezza, Mitsubishi latita».

Giorgio Zordan

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