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POJANA MAGGIORE

Premiati quattro alpini: gli “angeli” del Vajont

Impegnati per la naja a Belluno, sono stati fra i primi ad accorrere: «Impossibile dimenticare quello scenario di distruzione e di morte»
Una targa di riconoscenza ai quattro alpini impegnati dopo la tragedia del Vajont BUSATO
Una targa di riconoscenza ai quattro alpini impegnati dopo la tragedia del Vajont BUSATO
Una targa di riconoscenza ai quattro alpini impegnati dopo la tragedia del Vajont BUSATO
Una targa di riconoscenza ai quattro alpini impegnati dopo la tragedia del Vajont BUSATO

«La tragedia del Vajont ci ha segnati per sempre, impossibile dimenticare lo scenario di distruzione e morte in cui intervenimmo a Longarone cancellata dalla frana del monte Toc». A 60 anni di distanza da quella drammatica sera del 9 ottobre 1963 gli alpini pojanesi Gianni Pozza, Giò Maria Dal Maso, Massimo Lovato e Lorenzo Trevisan hanno testimoniato con emozione ad una cinquantina di alunni di seconda media dell’istituto “Palladio” la terribile esperienza.

Tragedia nel pieno della giovinezza

L’hanno vissuta nel pieno della giovinezza, mentre svolgevano il servizio di naja a Belluno, e l’hanno raccontata in occasione dell’incontro organizzato dal locale gruppo alpini nella sala Geremia. L’obiettivo era trasmettere alle nuove generazioni i valori di altruismo e solidarietà che da sempre caratterizzano gli alpini. 

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Le testimonianze

Tra i primi ad arrivare sul luogo della tragedia dalla caserma del 6° Reggimento artiglieria da montagna gruppo Lanzo di Belluno, dov’era in servizio da sei mesi, fu Giò Maria Dal Maso che si trovò a scavare nel fango per tutta la notte e fino al tramonto del giorno successivo ritrovando diversi corpi senza vita. «Fu un impatto terribile con la morte di cui subito non mi rendevo conto e, rientrato in caserma, non riuscii a dormire quella notte» ha spiegato Giò Maria, che proseguì per oltre un mese la missione. Gianni Pozza era arrivato proprio in giornata alla caserma del 7° Reggimento alpini di Belluno dopo aver svolto per tre mesi il Car a Boves (Cuneo) per essere poi catapultato nelle operazioni di soccorso a Longarone. «Mi misi subito a scavare in una distesa di sabbia per cercare qualche sopravvissuto, ma senza esito, uno scenario a dir poco surreale con il solo campanile della chiesa rimasto intatto, mentre le rotaie della ferrovia erano attorcigliate» ha spiegato Pozza. Piantate le tende in zona, proseguì le operazioni di soccorso fino a fine mese per riprenderle per una decina di giorni a novembre, dopo aver sfilato il 4 novembre a Firenze, dove la popolazione accolse calorosamente gli “alpini del Vajont”

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La cerimonia

A chiudere la mattinata la consegna di targhe di riconoscenza ai quattro alpini “angeli del fango” per «il senso del dovere dimostrato» nella tragedia del Vajont che «rappresenta un monito per evitare in futuro altri errori e che insegna il valore della solidarietà e la capacità di reagire» ha sottolineato il sindaco Paola Fortuna presente con il vicesindaco Marco Fortuna, che ha fatto una ricostruzione della frana che causò 1910 morti. Gli alpini pojanesi hanno poi organizzato un’uscita storico culturale con gli alunni sui luoghi del Vajont che sarà proposta il 16 luglio alla città. 

 

Felice Busato

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