<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Lonigo

Venticinque anni per avere ragione dell'eredità milionaria

Il tribunale ridistribuisce i beni. Ai figli di un imprenditore agricolo spettano 569 mila euro a testa, e non i 1.000 euro ciascuno trovati in un conto

Venticinque anni dopo, è stato il tribunale a stabilire che le cessioni erano simulate. Così, l’eredità non ammonta a 1.000 euro a testa, ma a 569 mila. Lo ha stabilito la corte presieduta da Campo (giudici Pesenti e De Giovanni) che ha accolto la richiesta di uno dei 4 figli dell’imprenditore agricolo morto nel 2012, che pur disponendo di un patrimonio milionario, al momento del decesso aveva lasciato un conto corrente di 4 mila euro.

La vicenda parte da lontano

La vicenda della famiglia Dal Lago è articolata. Fin dagli anni Settanta del secolo scorso, gestiva un’azienda agricola con allevamento e ampie porzioni di campagna coltivata. Alcuni dei quattro figli avevano collaborato con lui, nel tempo, nella gestione dell’impresa, anche se le loro posizioni, nel ricostruire l’impegno di ciascuno, sono diverse a distanza di tanti anni. A partire dalla fine degli anni Novanta, ma soprattutto all’inizio del nuovo millennio, il capostipite effettuò una serie di operazioni, in particolare legate alla cessione di terreni a favore delle figlie, senza però avere incassato il corrispettivo, o senza che quest’ultimo fosse adeguato all’effettivo valore. Pertanto, contestò poi uno dei figli, che ha promosso la causa civile tutelato dall’avv. Massimo Francesco Pesavento ancora nel lontano 2015, venne depauperato il patrimonio a favore solamente di alcuni degli eredi, evidentemente per questioni di legami o simpatie. E lui rimase con quei mille euro che gli devono essere parsi una presa in giro rispetto a quanto avevano incassato il fratello e le due sorelle.

Causa complessa

Di qui la causa, che ha visto i 4 fratelli (assistiti rispettivamente anche dagli avv. Dilvo Biasi, Teresa Anna Maria Lombardi e Giovanni Bertacche) su posizioni diverse. La sezione stralcio del tribunale berico ha esaminato tutti gli atti segnalati (sette in totale, con donazioni, dichiarazioni e compravendite sottoscritte dinanzi ad un notaio) per capire se si trattasse di operazioni simulate o meno. L’obiettivo è stato quello di ricostruire nel dettaglio quale fosse l’effettiva entità dei beni da dividere fra gli eredi, ristabilendo perciò l’effettivo valore della legittima, la quota che spetta a ciascun erede, reintegrando eventualmente la somma in caso di “lesione”.

L'eredità milionaria

Così, in effetti, è avvenuto al termine di una lunga e articolata battaglia giudiziaria in cui sono stati ascoltati diversi testimoni ed è stato chiamato come consulente tecnico della corte il dottor Gaetano Galla.

Rispetto ai suoi fratelli, quello che ha promosso la causa - si legge nella sentenza - «non ha ricevuto alcuna donazione». La quota da suddividere non erano i 4 mila euro trovati in un conto corrente, ma a sommare i diversi beni l’eredità ammontava ad oltre 3,4 milioni di euro.

Quindi, visto che i due terzi spettano ai figli, a ciascuno dei 4 fratelli deve essere riconosciuta la cifra di 569 mila euro. Chi ha ricevuto più degli altri, grazie a donazioni oppure ad atti simulati, deve restituire, anche se sono passati tanti danni dai rogiti e dalla morte del padre. Dodici anni dopo il decesso, è stato il tribunale a stabilire l’esatta suddivisione.

Diego Neri

Suggerimenti