Vicenza-Galway solo andata. Leonardo Dilda, 27 anni, ha cambiato vita. Addio al lavoro in fabbrica e a quello da rider, tenuto qualche mese per arrotondare. Un abbraccio alla famiglia, un saluto agli amici. Tante le storie di expat come la sua, dirà qualcuno. Non proprio: il giovane vicentino si è voluto scrollare la pesantezza della vita da covid con 1.420 chilometri a piedi e 560 in bicicletta, non facendosi mancare dei tratti in bus (350 chilometri) e in treno (200), con un passaggio da 50 chilometri in auto. Da qualche giorno a destinazione, Dilda si è reso conto di essere arrivato alla meta, ma che il viaggio non è finito.
«L’anno scorso la pandemia ha fatto da background a un’altra grossa crisi - racconta - Ero davvero felice o ero trascinato dalla corrente? Volevo un’esperienza all’estero». Il viaggio prendeva forma: «Edimburgo e la Scozia erano quello di cui avevo bisogno. La preparazione è iniziata nel settembre 2020». A gennaio una prima svolta obbligata: «Il covid mi aveva confinato in camera. In più, con la Brexit ho capito che la mia meta era off-limits. Non avevo mai considerato l’Irlanda ma ho scoperto che è un Paese pieno di opportunità». Il covid ancora di traverso: «L’avvicinarsi della primavera è stato duro. Sarei partito tra aprile e maggio ma la situazione era tragica e io in ritardo. Stava slittando tutto, non c’erano segni di miglioramento. Ho avuto un crollo. Tra maggio e giugno, approfittando di una settimana di ferie, ho intrapreso il Cammino delle apparizioni tra Vicenza e Trento per staccare un po’ dall’aria viziata dal covid. Non avevo seguito niente ma mi ero salvato il link per prenotare la vaccinazione. Quando sono rientrato dal cammino, il 2 giugno, ho fissato l’appuntamento per la vaccinazione. Lo stesso giorno ho visto che l’Irlanda avrebbe tolto la quarantena obbligatoria. Due segni».
E quindi, via: «Fatto il vaccino, venduta la macchina, mollato il lavoro e salutata la famiglia. I primi giorni è stata tosta. Sono partito il 29 giugno in direzione sud, in mezzo alla pianura. Dovevo arrivare alla meta prima di mezzogiorno per evitare il caldo. Il secondo giorno, a Montagnana, c’era un tabellone con le piccole Dolomiti e l’Altopiano di Asiago. Avevo dato le spalle alla mia terra, ai monti che erano stati nei mesi precedenti la mia ancora di salvezza. Non è stato un distacco semplice. Messo il piede fuori casa, ho iniziato a pensare tutto il viaggio: Modena, le Alpi, la Svizzera e poi la Francia e l’Irlanda ma anche la sistemazione, il futuro. Ho sentito le gambe molli. Ho deciso di vivere giorno per giorno. Ho seguito le vie di pellegrinaggio per trovare alloggi e compagnia. Fino a Modena ho preso la Romea Strata. Arrivato a Fidenza, ho risalito la Francigena. Piacenza-Vercelli l’ho fatta in treno: dopo 12 giorni di cammino, altri cinque in pianura sarebbero stati una tortura. Non dovevo niente a nessuno. Poi la Valle d’Aosta, la Svizzera in cui ho incontrato persone meravigliose e un mese in Francia. La prima idea era di arrivare a Canterbury, attraversare tutta l’Inghilterra e prendere un traghetto dal Galles ma non è stato possibile per le restrizioni covid del Regno Unito. La Francia è stata provante: sono brava gente ma senza francese non vai da nessuna parte. Ho comprato una bici di seconda mano per velocizzare le tappe: invece di 30 chilometri al giorno ne facevo 60. Finito di risalire la Francigena a Châlons-en-Champagne, ho seguito la Marna e sono arrivato a Parigi in quattro giorni. Lì ho venduto la bici e preso un bus. Il viaggio si è costruito di giorno in giorno. Arrivato a Alençon, c’era aria di oceano. Sono stato ospitato a Mont Saint-Michel. Da lì, tramite il Cammino dei Sette santi in Bretagna, ho raggiunto Roscoff e poi Cork. In Irlanda le persone si sono fatte in quattro per me. Le scarpe stavano cedendo, lo zaino anche e la schiena iniziava a farmi male: ero arrivato al capolinea. Gli ultimi 50 chilometri fino a Galway li ho fatti in bus. È stato complicato riabituarmi alla stabilità. Sto ancora dormendo in ostello ma ho già trovato un lavoro in un’altra struttura alberghiera soprattutto per mettere a posto i documenti. Il viaggio è stato un preludio, una palestra».