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Vicenza

Trasferita la ladra
che viveva da mesi
al San Bortolo

Una carrozzina in ospedale, dove la nomade è ospitata nonostante sia stata denunciata per furto
Una carrozzina in ospedale, dove la nomade è ospitata nonostante sia stata denunciata per furto
Una carrozzina in ospedale, dove la nomade è ospitata nonostante sia stata denunciata per furto
Una carrozzina in ospedale, dove la nomade è ospitata nonostante sia stata denunciata per furto

VICENZA. ore 19 È stata trasferita alla casa di riposo San Camillo la 47enne di origini rom che da maggio dello scorso anno viveva all'interno dell'ospedale San Bortolo di Vicenza.

 

La vicenda oggi è arrivata sui banchi del Consiglio Regionale, con un'interrogazione a risposta immediata del consigliere del gruppo di Indipendenza Noi Veneto, Antonio Guadagnini, che definisce la situazione «inaccettabile». «La donna è paralizzata - ha affermato Guadagnini - e ha finito le terapie. È pronta per essere dimessa ma per lei non si riesce a trovare una struttura che la possa ospitare. Il tutto costa alla Ulss 6 di Vicenza, 400 euro al giorno, oltre 10 mila euro al mese, oltre a questo occupa un posto che dovrebbe essere destinato a chi ne ha effettivamente bisogno; va altresì detto che l’ospite - ha sottolineato il consigliere - dovendo pur passare il tempo, è stata due volte denunciata per furto». 

 

ore 6 Da nove mesi vive (e ruba) all’interno dell’ospedale. Ultimamente le gira spesso male, perché quando si muove in sedia a rotelle tra corridoi e reparti non passa inosservata, soprattutto all’occhio ormai allenato degli agenti del posto di polizia. Che l’hanno già scoperta e denunciata due volte per furto aggravato. Ma anche se avrebbe concluso le sue terapie, non può essere dimessa: i famigliari l’hanno abbandonata, l’ultimo Comune di residenza l’ha cancellata dall’anagrafe, quello di nascita non ne vuole sapere, e nessuno se la sente di metterla in mezzo a una strada. Nel frattempo il conto a carico del servizio sanitario nazionale ha raggiunto cifre astronomiche: 400 euro al giorno, oltre 10 mila euro al mese. Tanto costa, secondo una stima dei sanitari, un posto letto nell’unità spinale, uno dei fiori all’occhiello del San Bortolo.

I FURTI. La protagonista è una donna di 47 anni, inoccupata, di origini rom e con numerosi reati contro il patrimonio nella fedina penale. A maggio dell’anno scorso un grave malore l’ha costretta prima a una serie di interventi chirurgici, poi alla sedia a rotelle. Le sue gambe sono rimaste paralizzate. Ma le mani e la lingua, assicura chi la conosce, sono rimaste velocissime. A dicembre si è presa la prima denuncia per il furto di un giubbotto e per oltraggio ai poliziotti del San Bortolo, insultati con epiteti irriferibili perché l’avevano scoperta a rubare. L’ultima vittima, di pochi giorni fa, è una cinquantenne di Poiana Maggiore, che aveva appoggiato la borsetta su una sedia nell’atrio principale. Si è distratta per qualche minuto per assistere un suo caro. Le videocamere di sorveglianza mostrano la donna in carrozzella mentre si avvicina furtivamente all’oggetto incustodito; quando si allontana nel corridoio verso le farmacia, porta sulle ginocchia la borsa, che qualche minuto più tardi verrà ritrovata in un angolo cieco del piano terra. Senza però i soldi all’interno, circa 50 euro. Messa alle strette dagli agenti, in collegamento telefonico con il suo legale (l’avv. Moser di Trento), la sospettata ha risposto con la consueta sfacciataggine. «Denunciatemi, tanto io continuo a rubare». Solo che stavolta, assieme alla comunicazione di reato, è stata trasmessa all’autorità giudiziaria anche la richiesta di una misura restrittiva, che ora dovrà essere valutata dal magistrato: l’obbligo di rimanere nella sua stanza. O almeno all’interno del reparto. Non che ci siano molte alternative: le sue condizioni di salute non consentono l’arresto; chiedere i domiciliari sarebbe un controsenso visto che non ha una residenza. Prima del malore abitava in un camper, che è sotto sequestro a Trento, dove la donna non può mettere piede: il giudice le ha intimato il divieto di dimora, dopo che un anno fa ha minacciato con un coltello un paio di agenti della polizia locale e l’autista del carro attrezzi.

SCARICABARILE. Visti i precedenti si capisce come mai le amministrazioni comunali non facciano a gara per prendersela in carico. Da Bolzano, ultima residenza ufficiale, spiegano che la donna non viveva lì all’ultimo censimento e nel 2011 è stata cancellata dagli archivi. Da allora ha vissuto accampata tra il Trentino e il Thienese, dove risiedono alcuni parenti. Anzi, vivrebbero: da mesi non si vedono in ospedale e, raggiunti telefonicamente, dicono di essersi trasferiti all’estero. Sono stati interessati anche i servizi sociali, ma finché non viene risolta la questione della residenza, non si capisce chi si debba occuparsi della denunciata. Gli unici a farlo sono stati finora il personale del reparto e la Caritas, che le forniscono regolarmente vitto, cure e vestiti. Anche se i medici l’avrebbero già dimessa da tempo.

Paolo Mutterle

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