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La sparatoria di Thiene

Tra i sicari anche
un fratello
del nomade ucciso

Le ricerche dei bossoli fra l’erba subito dopo l’agguato. I parenti delle vittime osservano attoniti. STELLA
Le ricerche dei bossoli fra l’erba subito dopo l’agguato. I parenti delle vittime osservano attoniti. STELLA
Le ricerche dei bossoli fra l’erba subito dopo l’agguato. I parenti delle vittime osservano attoniti. STELLA
Le ricerche dei bossoli fra l’erba subito dopo l’agguato. I parenti delle vittime osservano attoniti. STELLA

Ci sono altri due indagati per l’agguato mortale commesso giovedì scorso nel mini accampamento nomadi di Thiene. I carabinieri hanno denunciato i fratelli Carlo detto Zan e Cristina Helt, di 39 e 26 anni. I loro nomi vanno ad aggiungersi a quelli della madre Lucia, degli altri due fratelli Davide e Fulvio, e del marito di Cristina, Paradise Kari, finiti in carcere poche ore dopo l'uccisione di Davide Kari, di 51 anni, e il ferimento del fratello Vianello, di 42. Nel frattempo si è appreso che lo stesso Paradise è il fratello delle persone prese di mira.

I NUOVI INDAGATI. Le accuse a carico di Carlo Helt sono le stesse che hanno portato in prigione i quattro arrestati: omicidio e tentato omicidio pluriaggravati in concorso. Carlo deve inoltre rispondere assieme alla madre Lucia, 59 anni, della ricettazione della pistola Bernardelli calibro 9 ritrovata dalla polizia stradale del distaccamento di Bassano un’ora dopo il fatto di sangue. La sorella Cristina, invece, avrebbe fornito un falso alibi al marito durante la deposizione resa la notte seguente all'omicidio, affermando che Paradise non si trovava nel campo nomadi di via Liguria quando sono stati esplosi i colpi d’arma da fuoco.

FRATELLI CONTRO. Nelle ultime ore la drammatica vicenda si è inoltre arricchita di un ulteriore elemento inquietante: sempre Paradise, che secondo gli inquirenti non aveva alcuna parentela con le persone raggiunte dai proiettili, è invece loro fratello. L'uomo, 27 anni, avrebbe dunque deciso stare dalla parte della famiglia della moglie Cristina nel corso della faida tra nomadi che era scoppiata qualche settimana fa, perché i Kari avrebbero offeso un parente defunto degli Helt, e avrebbe partecipato alla spedizione punitiva nonostante i bersagli fossero dei suoi consanguinei.

GLI INTERROGATORI. I quattro sinti arrestati, difesi dall’avvocato Andrea Frank, verranno interrogati lunedì mattina in carcere per la convalida dei fermi. Potrebbero decidere di rispondere alle domande del giudice per dare la loro versione dei fatti e cercare di scagionarsi dalle accuse, come stanno ripetendo in questi giorni dopo aver fatto scena muta con i carabinieri. Carlo e Cristina Helt, difesi dall’avvocato Michele Vettore, potrebbero invece essere sentiti nei prossimi giorni.

L’AUTOPSIA. Nelle scorse ore il pubblico ministero Alessandro Severi ha disposto l’autopsia sul corpo della vittima e affiderà al più presto l’incarico al medico legale. In base agli elementi raccolti nel corso del primo esame sul cadavere, Davide Kari sarebbe stato raggiunto all’addome da un solo colpo di pistola esploso da distanza ravvicinata. Anche suo fratello sarebbe stato colpito una sola volta praticamente nell’identico punto del corpo, ma nel suo caso la ferita non si è rivelata mortale; Vianello è stato operato d’urgenza all’ospedale di Santorso poche ore dopo la sparatoria e dichiarato fuori pericolo.

L’ARMA. Gli inquirenti, infine, ritengono che l’arma del delitto sia la pistola gettata fuori dal finestrino da una delle auto in fuga da Lucia Helt e recuperata dalla stradale poco dopo: i bossoli rinvenuti sulla scena del crimine, infatti, sono compatibili. L’arma è stata spedita al Ris per essere sottoposta ai test di laboratorio assieme ad altri oggetti trovati nel campo nomadi e ai veicoli utilizzati dai sinti per allontanarsi: un camper, una Bmw 320 e un’Alfa Romeo 147. Carabinieri e poliziotti non escludono comunque che nell’accampamento di via Liguria possa essere stata utilizzata pure una seconda arma. E la stanno cercando.

Valentino Gonzato

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