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Vicenza

Tolta alla madre
perché spinta
a odiare il padre

Un comitato di cittadini denuncia la delicata vicenda di una 14enne
Un comitato di cittadini denuncia la delicata vicenda di una 14enne
Un comitato di cittadini denuncia la delicata vicenda di una 14enne
Un comitato di cittadini denuncia la delicata vicenda di una 14enne

VICENZA. Una separazione conflittuale. La figlia che va a vivere con la madre. Il padre che si rivolge al tribunale a causa delle difficoltà relazionali con la piccola. Fin qui, una storia purtroppo simile a mote altre. Ma quello che rende diversa dalle altre la vicenda di Elisa (il nome è di fantasia, trattandosi di una minorenne), è la decisione del giudice, che, ascoltata la relazione della psicologa, ha deciso di mandare la ragazzina in una comunità. Il motivo? L’astio verso il padre, sostiene l’esperta, sarebbe causato dalla campagna di denigrazione portata avanti dalla mamma. E per questo la figlia va allontanata. Anche se ha 14 anni.

LA DENUNCIA. A sollevare il caso è il Comitato dei cittadini per i diritti umani (Ccdu), una onlus che si occupa di investigare e denunciare le violazioni psichiatriche dei diritti umani. La madre del caso in questione, della quale non pubblichiamo le generalità per non rendere riconoscibile la figlia, è vicentina. Il padre è americano. Da qualche mese, denuncia l’associazione, Elisa sta vivendo in una comunità su decisione di una psicologa di Padova, che era stata nominata dal tribunale vicentino come consulente tecnico.

LA RELAZIONE. Alcuni giorni fa sono arrivate le relazioni che segnalano l’impossibilità di continuare il percorso prospettato dalla psicologa. In particolare la relazione dei servizi sociali afferma che Elisa dichiara di sentirsi triste e depressa per l’esperienza che sta vivendo, ritenendo che la relazione col padre sia ormai deteriorata in maniera insanabile. «La psicologa - prosegue l’associazione Ccdu in una nota - non solo si rifiuta di ascoltare il grido di dolore della minore, ma cerca di soffocarlo con metodi farmacologici: come se le emozioni di Elisa non fossero la normale reazione umana di un’adolescente che venga forzatamente allontanata dalla mamma, ma il sintomo di una malattia mentale». Il mancato ascolto ha nome preciso: Pas, ovvero sindrome da alienazione genitoriale. Una dinamica psicologica piuttosto controversa, tanto che la Cassazione in una recente sentenza ne ha escluso il suo utilizzo. I suoi sostenitori, invece, sostengono che la soluzione è quella di far cessare i rapporti tra il figlio e il genitore “alienante”. Come è avvenuto per Elisa.

L’AVVOCATO. Per Alessandra Bocchi, l’avvocato che difende la mamma, «siamo di fronte a una gravissima violazione dei diritti umani di un minore, costretto a vivere in una comunità protetta, lontano dalla sua casa, dai suoi affetti, dalla sua mamma e dal suo cane, senza nulla aver commesso, ma la cui unica colpa sarebbe quella di essere figlia di genitori separati e vittima di una consulenza tecnica nel conflitto genitoriale che, per alleviare la sofferenza dovuta alla lontananza e dalla madre, riterrebbe addirittura necessario un supporto farmacologico». Il tutto, aggiunge l’associazione, in palese violazione della Convenzione di New York sui diritti del giovane. «L’ordinanza di allontanamento del tribunale di Vicenza - conclude la Onlus - non tiene minimamente conto del desiderio di Elisa, ma si appiattisce acriticamente sulla consulenza psicologica soggettiva: una malpratica diffusa in molti tribunali italiani. E non è tutto: l’ordinanza non viene emessa da un giudice togato, ma da un giudice onorario» .

Paolo Mutterle

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