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Vicenza

Tamponi, troppe richieste. «Risposte dopo 5 giorni così aumentano i contagi»

Pericolo untori inconsapevoli. Il grido d’allarme in una fase in cui si è di nuovo sotto attacco del virus viene da Matteo Tecchio, medico di base sulle barricate da quasi due anni. «I giorni per fare il tampone si allungano. Per alcuni è difficile prenotare. Pensiamo agli anziani che vivono da soli. Non tutti sono in grado di registrarsi su un sito internet. Noi medici abbiamo un’agenda per prenotare direttamente il tampone, ma fra tutti i colleghi convenzionati di Vicenza avremo 30-40 posti al giorno, e la data slitta di 4-5 giorni. Qualcuno si mette in isolamento. Altri se ne infischiano. Continuano a lavorare, vanno a cena con gli amici, entrano nei negozi, fanno la spesa o si recano in farmacia magari per comprare test rapidi che non sono affidabili. E il rischio è di far aumentare i contagi». 
I tamponi, in una fase in cui la curva dell’infezione sta risalendo in modo impetuoso, con particolare violenza nelle scuole, sono diventati l’anello debole della catena dei controlli. I contagi si moltiplicano, c’è tanta sintomatologia e per il Sisp diventa impossibile rispettare i tempi per eseguire i test. «Noi – ribadisce il dottor Tecchio – possiamo facilitare le prenotazioni. Ma i posti sono limitati e l’agenda sempre piena. Anche se si riesce a fare il tampone molecolare entro 3 giorni, poi ce ne vogliono altri 2 per avere la risposta, e questo significa che, da quando compaiono i sintomi al momento in cui si ha l’esito, passano 5 giorni. Nel frattempo c’è chi è ligio e si mette in auto-isolamento e chi lascia a casa la prudenza e se ne esce in libertà». Per le strade, dunque, tanti potenziali, incontrollabili portatori di virus. Il fronte di questa pandemia di ritorno si allarga anche così. «Lo scorso anno la gente aveva paura. I contatti erano limitati. Si seguivano i consigli dei medici. Ora le persone sono meno attente». E, intanto, negli studi dei medici la fatica si accumula. Stressati da un carico di lavoro che diventa insostenibile. Aumentano fra di loro i casi di burn out. «Molti colleghi sono in difficoltà, e questa settimana sarà ancora più dura. L’ospedale ha chiuso l’attività ambulatoriale e la gente si riversa su di noi, ci martella di telefonate perché continuiamo a fare il servizio di sempre. Già avveniva nei mesi scorsi per il fatto che al San Bortolo le liste di attesa erano sovraccariche, non si riusciva ad ottenere l’appuntamento in tempi ragionevoli, e allora si cerca il medico di base. Abbiamo avuto un aumento drastico di richieste per le virosi che girano, le patologie di questa stagione, ma soprattutto per il Covid. Dobbiamo cercare la persona positiva, programmare il tampone, la quarantena, fare le indagini epidemiologiche, rilasciare i certificati di malattia fra pastoie burocratiche e un groviglio di direttive che provocano confusione». 
La tempesta, spiega Tecchio, non è cambiata. «Siamo allo stesso punto dello scorso anno. Numeri inferiori ma casi impegnativi. I pazienti sono più intolleranti. Pretenderebbero di guarire in pochi giorni come avessero un raffreddore. Non accettano di aspettare mentre i sintomi acuti durano settimane e il long-Covid può andare avanti per mesi». 

 

Franco Pepe

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