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Vicenza

Studentessa si fa male durante la lezione di rugby: ministero paga 35 mila euro

L’infortunio avvenne durante l’ora di educazione fisica, in cui si insegnavano rudimenti del rugby (Archivio)
L’infortunio avvenne durante l’ora di educazione fisica, in cui si insegnavano rudimenti del rugby (Archivio)
L’infortunio avvenne durante l’ora di educazione fisica, in cui si insegnavano rudimenti del rugby (Archivio)
L’infortunio avvenne durante l’ora di educazione fisica, in cui si insegnavano rudimenti del rugby (Archivio)

Quella mattina, durante l’ora di educazione fisica, un istruttore stava spiegando alle studentesse i rudimenti del rugby. Durante un placcaggio sul tappetino, una compagna la spinse e le cadde pesantemente addosso, con il gomito sopra la clavicola. Rita C., che aveva 16 anni, rimase ferita. Per il forte dolore l’indomani si recò al pronto soccorso e da quel momento iniziò il suo lungo calvario, con ripetuti interventi chirurgici nel corso del tempo. Guarì dopo più di tre anni; il medico legale le diagnosticò un’inabilità temporanea di 282 giorni e un danno biologico del 10 per cento. Nei giorni scorsi, il tribunale civile di Venezia - competente per i ricorsi contro il ministero dell’istruzione - ha condannato il Miur a risarcire, con complessivi 46 mila euro, la studentessa vicentina, tutelata dall’avv. Valerio Sorrentino. Poiché la giovane aveva già ricevuto dall’Inail 11 mila euro, ne attende ora 35 mila come risarcimento dell’infortunio patito a scuola.
Il 26 marzo 2014 Rita si era recata con i compagni di classe dell’istituto tecnico commerciale Piovene, in città, in palestra, per la consueta ora di ginnastica. Per quel giorno, però, era in programma un’esercitazione, prevista dal programma, con un esperto di rugby, chiamato dalla dicente. Lo scopo era «introdurre gli allievi alla conoscenza della disciplina sportiva», monitorando «gli esercizi svolti dagli stessi assicurandosi che venissero eseguiti in condizioni di sicurezza». L’esercizio in questione «consisteva nella simulazione, fra due compagni, di un atterraggio».
Durante l’attività, la compagna Laura C. era caduta sopra a Rita. In quel momento - era la fine della lezione - secondo i testimoni l’insegnante, che entrava e usciva dalla palestra, non era presente; era la prima volta che le studentesse eseguivano quell’esercizio, e Rita poi si recò dolorante negli spogliatoi, proseguendo le lezioni previste. Quel giorno il dolore era insistente ma attese l’indomani per andare in ospedale; scoprì che si era lussata una spalla. Ma i postumi dell’infortunio durarono molto a lungo, con interventi e problemi proseguiti per anni.
La famiglia della giovane chiedeva un risarcimento ritenendo che l’infortunio fosse maturato in un contesto particolare, che non rientra nella canonica attività scolastica. Il giudice Roberto Simone è stato di questo avviso: «L’evento si è verificato quando l’allieva era affidata alla vigilanza dell’insegnante... per la prima volta Rita e Laura furono chiamate a cimentarsi in un esercizio così impegnativo... Ciò permette di ritenere come l’assenza di un minimo di adeguata preparazione delle allieve ha reso possibile la reificazione dello scenario peggiore, pur potendo ipotizzarsi da parte di un operatore mediamente avveduto che in uno sport, basato per eccellenza sul contatto fisico, potessero accadere sinistri della portata indicata». La scuola, e quindi il ministero, avrebbe dovuto adottare misure precauzionali, ad esempio «mediante lo strumento assicurativo» per il caso specifico.
Perciò il tribunale ha condannato il Miur a risarcire la giovane, accogliendo la richiesta dell’avv. Sorrentino. Provvederà la compagnia “Aig Europe limited sa” (avv. Giancarlo Mariniello)

Diego Neri

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