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Vicenza

Statue di Dalì
«Fatte sui disegni
dell'artista»

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L'elefante del Trionfo (COLORFOTO)
L'elefante del Trionfo (COLORFOTO)
L'elefante del Trionfo (COLORFOTO)
L'elefante del Trionfo (COLORFOTO)

VICENZA. Ma le sculture esposte sono di Dalì o no? Qualcuno nei giorni scorsi la domanda se l'è posta quando osservando la base dei pezzi esposti in città - lo saranno fino al 26 gennaio 2020, data della prossima fiera dell'oro - si legge il numero del multiplo. Due di otto, tre di dieci. La produzione di questi sette bronzi, "noleggiati" al mercante e collezionista Beniamino Levi, è stata regolarmente autorizzata da Dalì e dalla moglie Gala come lo stesso proprietario racconta  e sono considerati a tutti gli effetti opere dell'artista catalano, anche se egli ne ha realizzato di persona solo il bozzetto o seguito la prima fusione. Anche la critica per la verità ha da tempo sdoganato il tema del multiplo - nel 2012 alla Fondazione Prada di Venezia la mostra "Ars Multipla" affrontò proprio l'argomento - sottolineando come la riproducibilità in fondo aiuti a diffondere il principio creativo e la cifra di un artista. Vale per le litografie come per le sculture o per l'arte di design. Va ricordato però che la Fondazione Dalì di Figueras nel 2016 contestò le elaborazioni tridimensionali di alcune opere di Dalì a cura del collezionista Levi, il quale rispose di essere in possesso delle autorizzazioni per riprodurre anche opere pittoriche in qualsiasi forma. L'inclinazione di Dalì al mercato lo ha da sempre esposto a critiche e ad ambiguità, così come sono spesso contestate le esposizioni della multiforme collezione Levi. Ma tant'è: ci ha creduto Matera, capitale europea della cultura che nei Sassi ospita 200 opere daliniane fino a fine novembre; e ci crede Vicenza, cui l'operazione è stata regalata (a Comune e a Ieg) da Sandro Di Benedetto, presidente di un fondo d'investimento, e dallo storico imprenditore orafo Silverio Cerato, che insieme gestiscono le collezioni d'oro e gioielli intitolate Dalì. «Inizialmente Comune e Fiera pensavano che io e Silverio scherzassimo - spiega Di Benedetto - invece eccoci con questo grande evento». Attorno al brand surrealista, arte e impresa fanno economia, esemplifica Di Benedetto che con Cerato guarda ai mercati Orientali e a quello Usa in particolare in vista di una partnership importante.Dunque tutto torna. E al pubblico, questo affresco di pieni, vuoti, distorsioni, allegorie sembra proprio piacere.

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