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Il virus nel Vicentino

Sos, medici sotto stress: «Dopo 2 anni di battaglia ormai siamo tutti sfiniti»

Cinquantasei ricoverati al San Bortolo. Tutti colpiti dalla variante Delta. Molti stanno male, anzi malissimo. Aumentano contagi e ricoveri. Vicenza è una delle piazze sanitarie più affollate di malati. A contarne di più nel Veneto ci sono solo gli ospedali di Padova e di Vittorio Veneto. Ci sono tre reparti, malattie infettive, pneumologia e medicina a bassa intensità requisiti per il Covid, in cui si lavora totalmente o soprattutto per arginare la quarta ondata della pandemia. C’è un altro reparto, quello di rianimazione, che va riempiendosi di malati con i polmoni distrutti dal virus. I pazienti intubati sono sette. Si lotta per farli sopravvivere. E, poi, per curare chi si ammala di Covid, è entrata in azione la geriatria dell’ospedale di Valdagno in un’area che, anche questa volta, è la più contaminata dall’infezione e continua a far arrivare al San Bortolo o al San Lorenzo il maggior numero di casi. La valle dell’Agno rimane “zona rossa” per la diffusione del virus, una sorta di enclave-Covid. Fra i ricoverati anche vaccinati da oltre 6 mesi. La quota dei vaccinati che si ammalano, a differenza di qualche settimana fa quando in ospedale arrivavano solo non vaccinati, cresce, ma è un “effetto paradosso” dovuto al fatto che questi ultimi vanno progressivamente diminuendo. I dati non fanno altro che confermare quanto è ormai assodato, e cioè che la copertura del vaccino cala dopo 180 giorni, e gli anziani, le persone più fragili, i malati cronici possono essere aggrediti dal contagio anche se le conseguenze sono meno drammatiche rispetto ai non vaccinati, i quali rimangono in assoluto i più esposti. Per loro il rischio di essere colpiti da una polmonite virale spesso devastante, è, nell’Ulss Berica sette volte superiore rispetto ai vaccinati. Il vaccino si conferma arma efficace e fondamentale. 
La situazione, dunque, si appesantisce ma resta sotto controllo. Per reperire personale la direttrice generale Giusy Bonavina ha chiuso la week surgery di Noventa. L’Ulss 8 è l’unica finora in Veneto ad aver sospeso le visite ai degenti dopo che proprio fra le corsie del Milani è scoppiato un pericoloso focolaio che ha coinvolto 4 pazienti e un operatore. «Lo scopo – sottolinea la dg – è di proteggere i ricoverati». Chi entra in ospedale, anche se supera il filtro all’ingresso, può essere positivo senza saperlo e infettare i degenti. Insomma, si procede in un’allerta costante, qualche volta sul filo del rasoio. E il personale, dopo quasi due anni di prima linea, comincia ad accusare forte stanchezza. «Lo stress è enorme – dice il primario di pneumologia Giuseppe Idotta – . I miei collaboratori avevano programmato le ferie per Natale, due o tre giornate ciascuno non di più, si era discusso come riprendere fiato dopo questi lunghi mesi sempre in trincea, ma se va avanti così nessuno si muoverà da qui. Sembra una maledizione. Per di più questa volta la gente fuori non ne può più, è meno propositiva, e noi come medici facciamo più fatica». Da ottobre in pneumologia, il reparto che accoglie i malati fra più difficili, sono deceduti 6 pazienti, e, in queste ore un altro anziano sembra senza ritorno. «Il flusso dei ricoveri – spiega il primario - è come un anno fa. Stiamo facendo un lavoro di squadra per evitare che l’attività ordinaria dell’ospedale prosegua, e non ci siano ripercussioni su interventi chirurgici e visite ambulatoriali. I ricoverati sono tutti gravi. Hanno bisogno di essere ventilati con ossigeno ad alti flussi. Ora speriamo che non esplodano cluster in ospedale. Sarebbe deleterio. Da noi ci sono in prevalenza non vaccinati. Sono i più giovani, ce n’è uno che ha 47 anni, e presentano i quadri più critici. I vaccinati sono anziani che hanno comorbilità, cardiopatici, diabetici, leucemici, in sovrappeso». Lavoro senza tregua e stanchezza in malattie infettive. Si sta riempiendo anche la seconda sezione, quella che in passato ospitava l’ex hospice ed è appena stata riconvertita in struttura di semi-intensiva. «Siamo sfiniti – dice il primario Vinicio Manfrin - . Anche quest’anno salteremo tutti le ferie di Natale. Resistiamo. La sera, quando pensiamo di chiudere la giornata, non si sa se si farà in tempo a tornare a casa o si sarà richiamati indietro per una nuova emergenza. Ora stanno arrivando tutti malati non vaccinati, sono i più impegnativi, persone che non avrebbero alcuna ragione per non immunizzarsi». 
Sale in modo esponenziale pure la domanda di anticorpi monoclonali ed è necessario selezionare i casi da sottoporre alla terapia. Si fanno fra le 12 e 14 infusioni al giorno, ma non si sa se questo carico eccessivo di trattamenti potrà essere sostenibile a lungo senza considerare che i farmaci a disposizione non sono infiniti. La scelta, per il momento, è di dare la precedenza al non vaccinato che rischia una progressione della malattia.

 

Franco Pepe

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