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Ritorno sui banchi

Si ritorna a scuola ma restano le incognite portate dal Covid

Ritorno in classe a partire da stamattina per decine di migliaia di studenti di tutto il Vicentino
Ritorno in classe a partire da stamattina per decine di migliaia di studenti di tutto il Vicentino
Ritorno in classe a partire da stamattina per decine di migliaia di studenti di tutto il Vicentino
Ritorno in classe a partire da stamattina per decine di migliaia di studenti di tutto il Vicentino

L’apprensione c’era già un anno fa, e poi si sa come è andata a finire. Scuole aperte a singhiozzo, lunghi periodi di chiusura, focolai a ripetizione nelle aule, centinaia di positivi fra ragazzi e insegnanti, il trionfo della quarantena e della Dad. All’epoca, nelle settimane precedenti la prima campanella, l’Ulss provvide a fare test sierologici di massa su insegnanti e personale non docente. Lo screening coinvolse oltre 7 mila persone, il 74% degli invitati, il risultato fu tranquillizzante, ma poi la terza ondata travolse qualsiasi difesa, e la scuola: dai nidi alle superiori, ne rimase traumatizzata. 

 

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Ovviamente Ulss e scuola sono pianeti diversi ma la collaborazione resta determinante. Un anno dopo, ciò che accadeva a settembre 2020 sembra preistoria. Lo scenario è radicalmente mutato. La vaccinazione ha cambiato le carte in tavola. Ma il Covid e le sue varianti continuano a circolare. E l’ansia, nel momento in cui parte il nuovo anno scolastico, è sempre la stessa, anche perché, nei Paesi in cui le lezioni sono cominciate, il virus, complice la mutazione Delta, ha ripreso a correre soprattutto tra bambini e adolescenti, e interi istituti sono stati già chiusi. In Germania, nel giro di una ventina di giorni, si è passati da 36 a 84 casi settimanali ogni 100 mila abitanti, e la fascia più colpita è quella tra 10 e 19 anni. Idem in Francia e in Svizzera. In pochi giorni centinaia di scuole chiuse. 

 

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E questo senza considerare che in Italia, e anche nel Vicentino, il maggior numero di positivi tra fine agosto e oggi si è avuto fra i più giovani. Insomma, mentre si sorride per la riconquistata didattica in presenza, la preoccupazione non manca. 

«Il rischio contagio rimane perché questa è una fascia di età molto critica – spiega Giuseppe Idotta, primario di pneumologia del San Bortolo –. L’anno scorso per la scuola è stata una debacle. I test Invalsi hanno evidenziato le carenze provocate dal lockdown. Purtroppo ci sono tanti ragazzi e genitori non vaccinati, papà e mamme magari non negazionisti ma spaventati e confusi. Il pericolo ci sta tutto. Mascherine, distanziamento, porte delle aule aperte, ricambi di aria, dovrebbero essere un deterrente, ma con l’inverno, e negli istituti in cui gli spazi non siano ampi, non sarà facile mettere in atto queste misure. La stessa logica del contatto a basso rischio di chi si trovi faccia a faccia con un caso Covid a una distanza inferiore a 2 metri e per meno di 15 minuti, quella cioè che discrimina, in base alle vaccinazioni fatte o da fare, chi deve entrare in quarantena e chi no, rivela grosse difficoltà pratiche. Come fa un insegnante o un ragazzino ad avere la percezione esatta della distanza fisica e del tempo?».

Le prime chiusure potrebbero essere già dietro l’angolo: «Se nella stessa classe ci sono ragazzi figli di genitori non vaccinati i cluster potrebbero esplodere. La vaccinazione gioca un ruolo decisivo». Anche i bambini più piccoli sotto i 12 anni possono ammalarsi: «I casi finora sono sporadici. Ma visto che non ci libereremo del virus prima dell’estate 2023 penso che si arriverà a vaccinare anche loro. Ci sono studi consolidati» conclude il dott. Idotta.

 

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Franco Pepe

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