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L'intervista

Sergio Rebecca: «Vi racconto i miei 29 anni alla guida della grande famiglia dei commercianti berici»

Il presidente di Confcommercio Vicenza, il più longevo dirigente di una associazione di categoria, lascia dopo quasi 30 anni.
Sergio Rebecca
Sergio Rebecca
Sergio Rebecca
Sergio Rebecca

Dopo 29 anni mercoledì scorso si è chiusa per Sergio Rebecca l'esperienza da presidente di Confcommercio Vicenza, il più longevo dirigente di una associazione di categoria, una sorta di "regno" sindacale che ha attraversato profondi mutamenti della società, della politica e anche delle abitudini di professionisti e imprenditori.
«Il 30 novembre è stato per me una sorta di ultimo giorno di scuola. Non ho nascosto un po' di emozione perché l'associazione è stata per così tanti anni la mia casa che ho cercato, in proficua collaborazione con dirigenti e dipendenti, di seguire con l'attenzione del buon padre di famiglia. E guardi sottolineo "padre" perché non mi sono mai sentito padrone, ma penso di essermi messo al servizio dell'organizzazione, cercando di fare sintesi del pensiero e delle idee di tanti, dalla giunta al consiglio, dai più stretti collaboratori, in primis i direttori che si sono succeduti, Andrea Gallo e l'attuale Ernesto Boschiero, fino al più recente degli iscritti. Sono il primo a rendermi conto che 29 anni da presidente sono tantissimi e non le nascondo che mi imbarazza, ma è pur vero che ogni rielezione è avvenuta nel corso di una partecipata assemblea e in forza di un voto, peraltro espresso a scrutinio segreto. Adesso che l'ultima campanella è suonata, mi sento anche sollevato, ma consapevole che Confcommercio è stata una scuola di vita inimmaginabile, una straordinaria esperienza».

Come è giunto alla decisione di fare un passo indietro?
Prima di tutto è l'età che me lo impone, sono entrato da un po' nel novero dei diversamente giovani, e poi è corretto che l'organizzazione viva un ringiovanimento, nella certezza che chi verrà dopo di me saprà mettere al servizio di tutti gli associati esperienza, massima disponibilità all'ascolto, ma soprattutto entusiasmo.

Ricorda il primo approccio con l'associazione?
Come dimenticare quella prima telefonata dell'allora direttore dell'Ascom, così si chiamava al tempo l'organizzazione, Momi Bari. Era l'inizio degli anni '80, mi chiese l'autorizzazione a poter inserire il mio nome nella terna dei possibili componenti il consiglio dell'Ente Fiera di Vicenza, ricordandomi che anni prima ne aveva fatto parte mio padre. Rimasi titubante, preoccupato che l'impegno potesse sottrarmi per troppo tempo alla attività familiare di ingrosso di casalinghi e porcellane. Bari fu, come solo lui sapeva essere, rassicurante e convincente: «Tranquillo - mi disse - ti impegnerà al massimo tre o quattro mattine l'anno per le sedute del consiglio». È iniziata così la mia avventura che dura ancora dopo oltre quarant'anni.Lei è succeduto alla presidenza proprio a Momi Bari, di cui è stato considerato il delfino.

Oggi lei lascia ad un "predestinato" la sua eredità?
Momi è stato per me un maestro che mi ha insegnato il valore dell'associazionismo, un uomo dal sorriso morbido, straordinariamente capace nell'arte delle relazioni e della mediazione. Spero di avere speso bene ciò che mi ha trasferito. Qualcuno lo criticò per la scelta di trasferire a me la sua eredità associativa. Spero di aver fatto ricredere quel qualcuno. Forte anche di quella esperienza ho volutamente lasciato che il nuovo consiglio e il futuro presidente siano espressione della base dell'associazione. L'investitura del numero uno di Confcommercio sarà, ancora una volta, la conseguenza di una elezione e non di una nomina. Tra le tante cose che dobbiamo a Bari c'è anche la sede centrale di via Faccio, moderna, funzionale, ma Momi era solito affermare che non può esserci vera associazione se non si riesce a vivere a stretto contatto con gli associati, da qui l'attenzione ai mandamenti.

Gli anni in cui lei arrivò alla presidenza di Ascom sono coincisi con la stagione di Tangentopoli, come questo evento epocale ha influito nella attività associativa?
Improvvisamente vennero meno alcuni punti di riferimento consolidati, i nostri primi interlocutori nell'ambito del mondo politico locale erano le segreterie di partito che sovente fungevano da raccordo e filtro. Fu necessario ricostruire, ma in maniera diversa, gli ambiti delle relazioni sia a Roma come sul territorio, e non è stata una operazione semplice. Ho la convinzione che in quegli anni tribolati, fatti di discese in campo e di alternanze, i corpi intermedi siano stati determinanti nel gestire diverse fasi delicate. Oggi come allora va ribadito che le associazioni di categoria non sono megafoni per gli esecutivi in carica, ma uno stimolo costante per meglio interpretare la vita reale.

Rebecca, l'associazione l'ha spesso assorbita a tempo pieno a scapito anche di hobby e passioni, come quella dello sport che praticava: il tiro con pistola automatica.
Guardi per quel che riguarda il tempo, le persone alle quali ho chiesto grandi sacrifici sono quelle della mia famiglia, sono in credito nei confronti di mia moglie e di mio figlio. Per quanto riguarda l'attività sportiva mi sono preso le mie soddisfazioni, ho "tirato" con la pistola dai 16 ai 40 anni, sono arrivato sino alla convocazione in nazionale. Mi è servito, perché mi ha aiutato nell'apprendere alcuni segreti che aiutano la concentrazione, la calma e il perfetto equilibrio psicofisico.

Uno dei cavalli di battaglia del suo predecessore Bari è stato il progetto di un parcheggio da realizzare sotto Campo Marzo, un'idea che avrebbe potuto migliorare l'accessibilità al centro storico?
Premesso che quella idea precorreva i tempi e che ha accelerato il processo che poi ha portato a realizzare il vicino park Verdi, resta il fatto che sovente la nostra organizzazione ha fatto pressing sui temi urbanistici, rivendicando la necessità che le diverse amministrazioni comunali investissero su una visione della città che andasse oltre l'orizzonte del singolo quinquennio di governo. Ricordo che il primo piano di marketing urbano fu messo a punto dalla nostra organizzazione nei primi anni 90, i nostri interlocutori furono il presidente della Camera di Commercio Danilo Longhi e il sindaco Marino Quaresimin. Fin da allora noi insistevamo sulla necessità di trovare soluzioni per favorire la relazione tra le periferie e il centro.

Il covid ha rallentato questo processo di riorganizzazione delle città?
Non c'è dubbio che la pandemia abbia anestetizzato l'attività a tutti i livelli, ma nel caso dei negozi di vicinato, il periodo covid è coinciso con una riscoperta del valore e della funzione di questi esercizi a forte caratterizzazione "umana". Ora spetta ai singoli esercenti mantenere vivi questi rapporti, investendo prima di tutto su servizi che accorciano le distanze tra negozio e cliente.

I futuri cantieri per la realizzazione della Tav coincideranno con anni di passione per Vicenza?
È inevitabile che un'opera come l'Alta Velocità sia destinata a portare nella fase dei cantieri non pochi disagi. Ritengo che il sindaco dovrà utilizzare questa situazione, trasformandola in un'opportunità, immaginando la Vicenza del futuro, superando la debolezza di certe pianificazione e l'incoerenza di interventi spot, mettendo in campo un Masterplan, che ritengo imprescindibile strumento di indirizzo e coordinamento delle azioni pubbliche e private per la realizzazione condivisa della città di domani.

Siamo alla vigilia della inaugurazione in Basilica Palladiana della esposizione sugli egizi, che si annuncia come un evento più "pop", rispetto alle altre due, organizzate dalla amministrazione Rucco. Ma quanto mancano ai commercianti del centro le grandi mostre di qualche anno fa?
Vicenza non aveva mai visto tanti visitatori come negli anni delle mostre firmate Goldin, tante persone che hanno potuto scoprire la nostra città e, sono convinto, molti di loro sono tornati a godere delle nostre bellezze. I commercianti, ma non solo loro, guardano con fiducia che si possa ritornare a vedere le file interminabili di turisti desiderosi di entrare in Basilica ad ammirare una mostra, magari un po' meno dedicata all'elite culturale, ma capace di suscitare interesse e curiosità popolare. Parlando più in generale di turismo la nostra organizzazione sta cercando da anni di dialogare con diversi sindaci. L'obiettivo è convincerli ad investire su un turismo comprensoriale che va, quindi, oltre il singolo campanile.

Gli anni della sua presidenza sono stati gli anni della rivoluzione digitale. Come l'avete accompagnata?
Sempre in prima linea. È stato uno degli ambiti di investimento più lungimirante. Dalle proposte iniziali, ViTourism e ViShopping, siti vetrina ma per il tempo avveniristici, abbiamo via via creato piattaforme sempre più specialistiche e interattive. Gli ultimi nati in casa Confcommercio sono EasyVi, un portale turistico consultabile anche su smartphone che mette in evidenza cosa vedere, dove alloggiare e mangiare, ma anche farmacie di turno, parcheggi e quanto può essere utile al turista e pure al cittadino. La novità è Info Impresa, un'app dedicata al settore terziario con le informazioni sulle novità di interesse per le imprese.

L'altro grande filone che ha caratterizzato la sua azione è la formazione.
Con la formazione abbiamo arricchito la gamma di servizi ma soprattutto siamo stati al passo con i tempi. Per questo abbiamo scelto di edificare e strutturare un centro di formazione che ha sede a Creazzo. Oggi è fondamentale non solo saper curare i rapporti con i clienti, ma anche aggiornarsi sulla gestione del magazzino, degli acquisti, o su come rendere accattivante una vetrina o una esposizione all'interno del punto vendita e i nostri corsi offrono tutto questo. Per dieci anni è rimasto attivo al centro formazione Esac un Master della cucina, fermatosi solo a causa del Covid: un'attività di eccellenza che ha fatto crescere giovani cuochi sotto la guida dei più titolati e stellati chef d'Italia.

Il suo impegno si è diviso tra il territorio e gli incarichi Confederali al fianco del presidente nazionale Sangalli: che esperienza è stata?
Mi ha permesso di capire meglio i meccanismi che regolano la politica e le scelte decise nei "palazzi", ma soprattutto mi ha consentito di portare ai tavoli romani della confederazione l'esperienza e gli esempi virtuosi di buon e moderno associazionismo, messi a punto sul nostro territorio. Nell'ultimo anno il mio incarico in Confederazione mi ha consentito di capire e apprezzare il valore del Pnrr, uno straordinario e probabilmente irripetibile acceleratore verso l'ammodernamento del Paese. Ciò che adesso conta è riuscire a velocizzare la fase di esecuzione dei progetti, inseriti anche nel nostro territorio tra quelli finanziati.

Lei ha un figlio che da diversi anni vive e lavora all'estero. Ha quindi sufficienti elementi per comprendere i motivi per cui molti giovani, per realizzarsi pienamente, lasciano l'Italia.
Ludovico è stato libero di scegliere e di questo vado orgoglioso, anche se come genitori io e sua madre soffriamo il fatto di averlo distante. A spingerlo a lasciare l'Italia è stata la considerazione che nel futuro conterà sempre di più essere cittadino del mondo, essere disponibili a confrontarsi con culture e organizzazioni urbane differenti. Lui è felice e realizzato e questo, come genitori, ci basta. Sono però convinto che l'Italia possa diventare punto di riferimento per studenti stranieri che vogliano affermarsi nei settori del food, dell'arte e della bellezza.

Rebecca, archiviata l'esperienza "presidenziale", nel futuro come pensa di poter occupare il tempo?
Ho due priorità. Innanzitutto voglio fare di più il nonno, questo mi richiederà di viaggiare molto di più di quanto non faccia già, ma la distanza non mi preoccupa. La mia nipotina è il più bel regalo che ho ricevuto. Dovrò poi dedicare un po' di tempo alla "manutenzione" personale e penso sia arrivato il momento di riaprire la valigia degli hobby.

Luca Ancetti

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