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Il video messaggio

Seconda Pasqua in pandemia, gli auguri del vescovo ai lettori del GdV: «Non prevalga l'oscurità»

Il vescovo Pizziol durante una celebrazione pasquale
Il vescovo Pizziol durante una celebrazione pasquale
Pasqua 2021, il messaggio di auguri del vescovo Pizziol

Fa sua una parola che pare sempre più desueta, come la gentilezza, ma che - forse proprio per questo - è stata rilanciata anche da papa Francesco. "Abitare l'aurora con gentilezza" è il tema del messaggio di augurio pasquale rivolto ai vicentini dal vescovo Beniamino Pizziol, che oggi, domenica 4 aprile, alle 10.30 celebrerà la messa solenne di Pasqua in cattedrale, celebrazione trasmessa in diretta da radio Oreb, Telechiara e sul canale YouTube della diocesi.

 

Nella «seconda Pasqua segnata dall'esperienza della pandemia», il vescovo Pizziol si sofferma sul simbolismo della luce e dell'oscurità, presente in tutte le religioni, ma comunque intessuto nell'esistenza di ciascuno. È immediato legare la condizione dell'oscurità, di qualcosa che impedisce di procedere in maniera facile e spedita, all'emergenza sanitaria, sociale ed economica che dura da oltre un anno. «Quando utilizziamo l'espressione "tempi bui", noi condensiamo in questa immagine tutte le ansie, le difficoltà, le paure e le sconfitte che talora la vita ci riserva. Potrei dilungarmi su tante possibili esemplificazioni legate a quest'ultimo periodo afflitto dalla pandemia: la perdita delle persone care, il panico per la solitudine e l'isolamento, la paura per il futuro incerto, il drastico calo dei posti di lavoro, l'aumento delle patologie psichiche. Momenti durissimi, che ci fanno attraversare, come singoli e come comunità, una tenebra molto fitta». "Fitte tenebre" era anche l'espressione usata da papa Francesco nella veglia in una piazza San Pietro vuota, il 27 marzo dell'anno scorso: «Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite».

 

Pasqua però significa la speranza nell'aurora, nel ritorno della luce. Mons. Pizziol sottolinea che nel racconto evangelico al buio del sepolcro non viene contrapposto il sole del mezzogiorno, bensì i «tenui, appena percettibili chiarori dell'alba». «Quando attraversiamo momenti di buio - aggiunge il vescovo - il desiderio impellente è quello di uscirne al più presto, per ritornare alla luce del giorno. Nei frangenti della fatica e del dubbio, vorremmo in breve tempo avere tutto chiaro». Tuttavia l'alba pasquale insegna la necessità di avere pazienza e speranza: «L'autentico clima pasquale dovrebbe essere abitato dalla delicatezza estrema, dall'assenza di pretese onnicomprensive e dall'arte della reciproca gentilezza». Ecco il riferimento alla parola desueta con cui si indica un atteggiamento percepito spesso come il retaggio di un'epoca passata e non adeguato alla modernità. Ma chi esercita la gentilezza, ricorda lo stesso papa Francesco, diventa "stella in mezzo all'oscurità". «È possibile assumere, dunque - si chiede Pizziol - uno stile "aurorale" nei nostri rapporti, nei progetti e nelle nostre attività? Credo di sì. Accettando serenamente che non tutto è a immediata disposizione, non tutto è chiaro, non tutto è risolvibile. Dovremmo evitare le prese di posizione inappellabili, le dichiarazioni ultimative e i giudizi tranchant, aprendoci ad un atteggiamento umile, discreto, capace di formulare parole solo incipienti e progetti elaborati ancora in forma embrionale». Abitare l'aurora significa accettarne i chiaroscuri, essere consapevoli delle zone d'ombra, delle debolezze, delle fragilità - proprie e degli altri - e quindi viverle con gentilezza e discrezione. Così «pure il frangente più oscuro e triste diverrà una "notte veramente beata"».. 

Gianmaria Pitton

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