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Sanità

Camici bianchi no-vax: Ulss verso il reintegro di 50 operatori sanitari

L’azienda Berica resta in attesa di disposizioni ministeriali ma è pronta a richiamare l’esercito dei “sospesi”, tra cui 2 medici, già da mercoledì
Verso il reintegro: i medici No Vax sono pronti a rientrare in servizio
Verso il reintegro: i medici No Vax sono pronti a rientrare in servizio
Verso il reintegro: i medici No Vax sono pronti a rientrare in servizio
Verso il reintegro: i medici No Vax sono pronti a rientrare in servizio

«Finora non è arrivata nessuna disposizione ufficiale. Se, come immagino, avremo indicazioni lunedì (domani per chi legge, ndr), li reintegreremo da mercoledì». La dg Giusy Bonavina resta in attesa ma è pronta, ovviamente, a riaprire le porte ai dipendenti sospesi. Nell’Ulss Berica sono 50, per lo più oss e infermieri. Solo due i medici. Sono quelli che non hanno voluto mai vaccinarsi, e non sono mai tornati indietro anche se rimasti a lungo senza stipendio. 
Se, come ha dichiarato il neoministro della salute Orazio Schillaci, si arriverà in tempi brevissimi a una completa liberalizzazione a circa due anni e mezzo dal primo lockdown imposto dalla pandemia nel marzo 2020 e cadranno le ultime restrizioni rimaste per contenere il Covid, l’obbligo della vaccinazione per il personale sanitario ha le ore contate e, quindi, verrà cancellata la misura della sospensione dal servizio per gli operatori no-vax che era stata introdotta da un decreto del governo Draghi e dovrebbe scadere il prossimo 31 dicembre. 

In arrivo le nuove disposizioni

Gli Ordini professionali e le Ulss hanno messo già da parte le procedure stabilite dalla legge per mettere fuori servizio gli inadempienti in quanto l’iter finirebbe oltre l’inizio del 2023, ma ora lo stop alle sospensioni significa far rientrare subito in ospedale e nelle strutture aziendali operatori a casa e senza retribuzioni ormai da mesi, alcuni addirittura da oltre un anno, da quando l’Ulss Berica ha fatto scattare i provvedimenti disciplinari all’epoca di propria competenza, perché rifiutatisi di sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid, e rei, quindi, di non rispettare un obbligo sancito dalla legge. 

Per l’Ulss sarebbe, in ogni caso, il ritorno di una preziosa forza-lavoro dopo che si sono fatti i miracoli per sopperire ad assenze che, nei primi mesi dall’applicazione della norma, sono state piuttosto rilevanti. La dg Bonavina questo ritorno alla normalità lo aveva peraltro auspicato già a giugno. «Noi - aveva osservato all’epoca - siamo rispettosi delle leggi e ci adeguiamo a ciò che ci impongono, ma ora la situazione è diversa da quella di alcuni mesi fa, e lasciare a casa i non vaccinati, mentre fuori c’è un clima da “liberi tutti”, appare una misura anacronistica che va ad incidere sulla forte carenza di personale in una fase in cui ne avremmo estremo bisogno. Fra l’altro - aveva aggiunto - il fatto che questi operatori non siano vaccinati non vuol dire che non siano di elevata qualità professionale». Un pensiero in libertà, il suo, e, appunto, l’auspicio perché chi di dovere valutasse sulla base di una realtà mutata una norma drastica adottata in una congiuntura epidemiologica molto più drammatica. 

La misura è stata prorogata due volte

La misura, come si sa, è stata prorogata due volte. Prima i decreti-legge del primo aprile e del 26 novembre 2021 che avevano fissato il termine della sospensione al 15 giugno 2022, e poi l’analogo provvedimento del 24 marzo scorso che ha allungato lo stop ai no-vax fino al termine dell’anno confermando la vaccinazione anti-Covid come requisito essenziale per l’esercizio della professione degli operatori sanitari. I dipendenti dell’Ulss in regime di sospensione, fra quanti lavorano al San Bortolo, nei cinque ospedali del territorio - Montecchio Maggiore, Arzignano, Valdagno, Noventa, Lonigo - nei distretti, nei poliambulatori e servizi extra-ospedalieri, sono stati, a un certo punto, anche più di 200, anche se poi il gruppone iniziale - spiega la direttrice medica Romina Cazzaro - si è gradualmente sfoltito per il fatto che molti di loro si sono ammalati, hanno preso il Covid, e, una volta usciti dalla morsa dell’infezione, hanno presentato il certificato di “guariti”, e, come prevede una condizione della legge, sono stati riammessi in servizio. 

I no vax anche nella sanità privata

Ai no-vax del Ssn pubblico si sono aggiunti, ancora più numerosi, i no-vax della sanità convenzionata e privata, fra i quali soprattutto infermieri e oss di Rsa, case di cura, centri sanitari privati, e parecchi dentisti. All’inizio erano circa 1.400, poi, però, lo spettro della sospensione senza più poter ricevere la busta-paga ha in parecchi casi funzionato come deterrente riducendo la schiera dei negazionisti e dei contrari alla vaccinazione. La maggior parte si è presentata ai box vaccinali. E ci sono stati anche i pentiti, coloro che hanno superato l’indecisione iniziale. 

Franco Pepe

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