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Vicenza

Razzie sulla tomba del figlio: «Dopo 19 anni uno sfregio che aumenta il dolore»

La tomba di Giacomo Lapedota, scomparso a causa di una grave malattia a soli 32 anni nel 2004
La tomba di Giacomo Lapedota, scomparso a causa di una grave malattia a soli 32 anni nel 2004
La tomba di Giacomo Lapedota, scomparso a causa di una grave malattia a soli 32 anni nel 2004
La tomba di Giacomo Lapedota, scomparso a causa di una grave malattia a soli 32 anni nel 2004

«Perché ci dobbiamo privare anche del lutto? Non basta il dolore che, ancora a distanza di tanti anni, proviamo per la perdita di nostro figlio?». Giuseppe Lapedota, 78 anni, è triste e sconsolato. Parla anche per conto della moglie Elda Cattelan, 80 anni. Nel 2004, 19 anni fa, hanno perso uno dei loro due figli, Giacomo, che aveva solo 32 anni per un male incurabili dopo anni di cure e speranza. Come ogni anno, per il giorno del compleanno di Giacomo, che faceva l’ingegnere, avevano fatto visita al cimitero maggiore della città. E hanno trovato una pessima sorpresa.
In un giorno già doloroso, un altro colpo dritto al cuore: le piante che avevano posato accanto al loculo del figlio (e a quello dei genitori della signora Cattelan che è esattamente sopra il suo) erano sparite nel nulla. Volatilizzate. Non c’erano piante e nemmeno i vasi. Cosa sia successo è un mistero ma, a meno che non dia credito a eventi soprannaturali, è probabile che il giallo si possa spiegare con qualche “mano lesta” che, approfittando dell’ambiente appartato si è impossessato delle piante. Anche se è pur vero che non è la prima volta che accade ai Lapedota e che, oltre ai furti, c’erano stati anche vandalismi. 
«Hanno portato via tutto, piante, vasi e sottovasi. Adesso mia moglie dice “non mettiamo più niente”. Ma perché dobbiamo privarci anche di questo? È 19 anni che mio figlio è mancato. In questo modo, la sofferenza è ancora più forte perché ci scontriamo con ignoranza e stupidità». Lapedota si sfoga, ricordando il figlio: «Giacomo, che nel 2004 aveva 32 anni, era un ingegnere in carriera. Quando ha compiuto 13 anni, gli è stato diagnosticato un sarcoma contro cui abbiamo lottato con disperazione per 19 anni. Anche don Nicola Amenduni mi ha aiutato e incoraggiato e, anche grazie a lui, eravamo riusciti a prendere le strade giuste. Giacomo si era anche sposato; un matrimonio che, purtroppo, è durato appena due anni. Quando l’altro mio figlio si è sposato, al ristorante, per un errore, il cameriere aveva aggiunto un posto in più al tavolo degli sposi. Ho chiesto di non toglierlo perché quello era il posto riservato a Giacomo, quel posto vuoto resta sempre per noi».
L’ultimo episodio, come detto, non è l’unico che ha preso di mira la tomba della famiglia Lapedota: «Lo abbiamo sepolto nell’ala nuova, appena salita la scala, non distante dalla porta del bagno. Già una volta gli avevano portato via i fiori, i fiorellini e le rose. Una seconda volta, gli avevo preso un mazzo di rose rosse: le hanno “decapitate” tutte. Anche se è una cosa accaduta qualche anno fa, è ancora una ferita aperta perché è uno sfregio. La morte di una persona si deve rispettare e, onestamente, episodi come questi non aiutano ad avere fiducia nel futuro». 
Dopo l’ultima misteriosa sparizione, Lapedota ha fotografato le piante: «Almeno ho una prova se dovessero “fregarmele” - la magra consolazione - Secondo me è una persona che le adocchia e le porta via. Se questa persona me lo dice, le compro io i fiori. Non è il valore economico, tra i 10 e i 15 euro ogni volta, ma è l’effetto che ci fa ogni volta. Lasciateci ricordare in pace nostro figlio».

Karl Zilliken

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