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Vicenza

«Questo è un territorio veneto». A tavola anche senza il “pass”

La premessa è che la titolare Adriana Cazzin, fondatrice di Biosapori srl, non vuole che si scriva nulla del suo locale, «altrimenti vi denuncio». L’altra premessa è che l’identità dei commessi e la loro sede di lavoro sono mantenuti riservati per tutela. Superfluo premettere che il tutto va in scena in un “esercizio pubblico”, termine che indica un esercizio aperto al pubblico e adibito alla somministrazione di cibo e bevande. 
La storia, nata da una segnalazione arrivata nei giorni scorsi (“Vai a vedere che cartello c’è fuori dall’attività”), si sviluppa ieri mattina. E qui di seguito è tutta cronaca.
All’ingresso di Biosapori (ce ne sono due in città, altri in provincia e fuori) si trova in effetti appiccicato un foglio di carta A4 che volenti o nolenti attira l’attenzione: c’è una grande bandiera di San Marco. Sopra è riportata la dicitura “Venetkens for freedom front” e sotto si trova un’altra frase che per rimarcare il concetto è scritta in stampatello: “Si informa che questo territorio è di nazionalità veneta, non è soggetto a fisco e istituzioni italiane (legge 212/2010 e legge 881/77), risponde fiscalmente e giuridicamente solo al Venetkens for freedom front”. L’ignoranza porta a digitare le parole su google: nel sito si trova scritto che si tratta di un «soggetto giuridico internazionale iscritto all’Onu» e che «il 16 maggio 2020 è stato firmato l’atto fondativo con il quale si dichiara la fondazione del Fronte di liberazione nazionale con la creazione del Consiglio direttivo (Governo provvisorio), come previsto dal secondo protocollo aggiuntivo alla convenzione di Ginevra del 1977».
La curiosità c’è. Biosapori d’altronde è la stessa attività che qualche settimana fa era finita al centro della cronaca per la comparsa di un cartello (poi rimosso): «La presentazione del “Green pass” per sedersi ai tavoli all’interno dei locali Biosapori è esclusivamente volontaria. Per nessuna ragione viene richiesta forzatamente ai clienti, nel rispetto della vigente norma sulla privacy».

Cosa significherà ora quel Venetkens?
Acquistato un sacchetto di cornetti lisci e arrivati alla cassa è scontato chiederlo: «Ma che vuol dire quella cosa scritta all’ingresso?». «Non sappiamo bene. È una scelta dell’azienda. Ce lo chiedono in tanti», rispondono i commessi. 
«Ma è sempre legata alla questione green pass?». «Sì è collegato a quella cosa lì, però, non sappiamo bene noi». 
Per saperne di più allora è bene fare un salto in un altro punto vendita. Il cartello c’è. E una volta entrati, e dichiarando di essere de Il Giornale di Vicenza, si pone il medesimo quesito, ottenendo la medesima risposta. 
«Quindi voi chiedete il green pass?», è la nuova domanda. «Sì - fanno sapere gli altri commessi - lo controlliamo. Ma chi non ce l’ha può comunque restare all’interno a mangiare. Noi diamo questa autocertificazione da compilare». 
«Si può fotografare?». «Meglio di no».
«E se mi siedo al tavolo, ordino un caffè, non mostro green pass e la compilo?». «Allora sì».
Detto, fatto. Dopo aver scritto i propri dati, dopo aver letto che «il parlamento europeo vieta la discriminazione fra coloro che non hanno potuto ricevere il vaccino e coloro che hanno scelto di non essere vaccinati», che il «presente documento sostituisce al solo scopo di esercitare in modo paritetico, indiscriminato e garantito dalla Costituzione, gli stessi diritti esercitabili con la certificazione verde» e che il sottoscritto «autocertifica il proprio diritto di ingresso in ogni ambiente previsto dalla carta verde», si firma il foglio e si consegna. Non prima di un’altra domanda: «Ma con questo foglio evito o evitate multe?». 
«Non credo - replicano i gestori - anche se non sappiamo molto. Siamo tra due fuochi. Non sappiamo neanche se rischiamo di rispondere noi personalmente». 
«E quindi qui dentro qualcuno si presenta e mangia senza green pass?». «Qualcuno? Quando lo hanno saputo è arrivata ancora più gente a farci i complimenti.I complimenti.

Nicola Negrin

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