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La storia

Professione escort: «Lo faccio solo per il mio bimbo»

La sex worker romena di 27 anni si prostituisce ogni notte tra viale San Lazzaro e il cavalcaferrovia

Sul più bello qualcuno bussa violentemente alla porta e la apre, cliccando sull’interruttore che accende il lampadario principale. La stanzetta di pochi metri quadrati che era riscaldata da luci soffuse appare in tutta la sua freddezza. Se dentro ci fosse stato un cliente “normale”, non sarebbe stato un bel momento. E invece la sex worker romena di 27 anni, stava iniziando a raccontare qualcosa di più della sua vita. Ma il racconto, che già non era stato semplice stimolare, è stato interrotto irrimediabilmente: una delle due colleghe che condivide con lei l’appartamento a pochi passi dal cavalcaferrovia Ferreto de Ferreti aveva bisogno di cambiare dei soldi. Business is buisness e non c’è spazio per la discrezione. 

La notte a San Lazzaro 

È tardi in viale San Lazzaro. Sabato ormai è un ricordo e domenica è ancora tutta da scrivere. Il via vai delle auto però è sempre intenso perché, per qualcuno, la serata non è finita. E a bordo strada, almeno una ventina di ragazze, ragazzi e transgender si mettono in mostra timidamente. Si formano dei capannelli, qualcuno frena e contratta. Altri tirano dritto, qualcuno rischia il tamponamento con conseguente colpo di clacson avvelenato. Argentina è a bordo strada solitaria. È più bassa che alta, di corporatura media. Non spicca nell’offerta. La differenzia il fatto che sta evidentemente vendendo il suo corpo praticamente illuminata dai lampeggianti di una volante della polizia che è ferma a fare da deterrente. Lei è del tutto incurante delle attenzioni delle forze dell’ordine. Ma non di quella di un potenziale cliente. «Cinquanta euro, ti porto a casa mia ma devi parcheggiare qui perché la strada è chiusa».

Effettivamente nessuno aveva pensato che la chiusura notturna del cavalcaferrovia potesse nuocere a qualche lavoratore e invece c’è chi è direttamente colpito, anche se non pare possibile quantificare il calo degli affari. Il mercato, da quel poco che è stato possibile vedere, resta florido. Sarà stato il sabato sera. In ogni caso, dopo aver parcheggiato l’auto, non senza un imbarazzo di proporzioni elefantiache, la direzione è quella di un caseggiato a due passi dal cavalcaferrovia. Un tragitto di due minuti che però sembra durare ore. Un viatico, tra l’altro, inopportunamente illuminato a giorno dalle l Il portone è socchiuso, poi tre lunghe rape di scale. Si arriva al pianerottolo con il fiatone. Una volta entrati è un attimo: Argentina fa strada e si chiude la porta di una stanza alle spalle. Fa segno di sedersi sul letto e fa per spogliarsi. È velocissima a togliersi gli stivaletti e cerca di passare al top che, c’è da dire, è più che altro un indumento teorico ma l’invito è di fermarsi lì e non andare oltre. 

La storia della 27enne

«Sono in Italia da un mese - racconta sfoderando un ottimo italiano con un accento molto marcato - Perché faccio questo lavoro? Che domanda: per i soldi. Certo che non mi piace e che vorrei fare altro. Io vivo a Bucuresti (pronuncia la sua città, Bucarest, nella sua lingua) e certo che vorrei tornare in Romania dove ho la mia famiglia, mio figlio di un anno e i miei genitori ma lì non ci sono soldi e soffriamo la fame. Altrimenti non sarei qui. Guarda». Prende in mano uno smartphone con lo schermo enorme e apre il suo profilo TikTok. Nei brevi video postati sul social, lei con appiccicati sul viso filtri a forma di farfalle e cuoricini tiene in braccio un bambino: «Vedi, guarda che bello che è. Si chiama Janis». E il papà, dove lo hai lasciato? «È morto», dice seccamente. Una risposta pesante ma dal grado di sincerità indecifrabile.

In quel momento, la già labile disponibilità al racconto, viene interrotta dalla collega che bussa. Le luci si aprono ed è arrivato il momento di andare. La giovane si offre di scendere. Un altro cliente segue un’altra collega. Appena scende saluta un’altra ragazza e si accende una sigaretta Kim: «Guarda che se vuoi torniamo su però non per parlare - dice sorridendo - E comunque io inizio tutte le sere alle 20, mi trovi al bar qui vicino e poi per strada». Dal palazzo escono due ragazzi su di giri. Il rumore e le luci del cantiere rendono tutto ancora più surreale: è notte fonda ma è come se fosse giorno. 

 

Karl Zilliken

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