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Vicenza

Prevenire il melanoma: «Legge da ripensare, rischia di essere inutile»

«Una legge del genere non andrebbe bene». Cresce l’incidenza del melanoma. Fra i giovani è il più frequente tumore della pelle. A Montecitorio, due giorni fa, è stata presentata una proposta di legge che ha come prima firmataria la deputata del Pd Angela Ianaro, presidente dell’Intergruppo parlamentare scienza e salute. Il testo, illustrato insieme ai deputati Graziano Delrio e Paolo Siani, prevede, fra l’altro, che le Regioni organizzino campagne di screening per i soggetti considerati più a rischio, quelli di età compresa tra 11 e i 30 anni. 
Ma un’autorità in materia a livello internazionale come Luigi Naldi, primario di dermatologia del San Bortolo e presidente del Centro studi Gised, un laboratorio di ricerca che opera da anni in questo ambito medico, boccia drasticamente l’iniziativa: «Le buone intenzioni non bastano. Questa proposta di legge promuove attività d’incerta utilità e, per molti aspetti, anche fuorvianti - spiega - Le ragioni sono scientifiche: il melanoma è un tumore maligno che ha origine dai melanociti, le cellule che producono la melanina. I nevi melanocitici, al contrario, sono lesioni benigne prive di importanza se non per il fatto che il melanoma talvolta può originare da essi e che, nelle fasi iniziali di sviluppo, può essere scambiato per un nevo». Sulla stessa linea il prof. Carlo La Vecchia, docente di statistica medica e di epidemiologia all’Università di Milano, nonché membro del Consiglio direttivo del Gised: «Il numero di nuovi casi di melanoma, tumore un tempo molto raro, è andato aumentando nella seconda metà del secolo scorso in tutti i Paesi occidentali per le cambiate abitudini della popolazione riguardo all’esposizione solare e ad altre fonti di radiazioni ultraviolette. E questo perché le intense esposizioni solari in soggetti con cute chiara, specie in età infantile-giovanile, sono un importante fattore nello sviluppo del melanoma. Nel bambino e nel giovane adulto il melanoma è comunque molto raro e l’incidenza cresce con l’età dopo i 40 anni». 
Proprio gli screening al centro della proposta di legge, quindi, non sarebbero, secondo La Vecchia, assolutamente indicati se non addirittura controproducenti. «La prognosi, cioè la sopravvivenza del melanoma, dipende dallo spessore della lesione primitiva. Quanto più la lesione è spessa tanto più la prognosi peggiora. Questo sembrerebbe essere un buon motivo per promuovere una diagnosi precoce. Non esistono, però, dati convincenti che indichino come interventi di screening nella popolazione così giovane possano ridurre la mortalità del melanoma. I motivi sono molteplici. Ad esempio, i tumori più aggressivi sono a crescita rapida e gli intervalli previsti per il follow-up possono non essere sufficientemente stretti per intercettare precocemente tali lesioni. D’altra parte, gli screening possono aumentare di molto la diagnosi di lesioni sottili con incerta capacità di progressione». 
«La verità – spiega La Vecchia – è che per essere efficace lo screening deve concentrarsi sui gruppi a rischio. La proposta di legge promuove uno screening fra i ragazzi e i giovani tra 11 e 30 anni, ma in tale gruppo d’età si intercetterebbero molti nevi e un minimo numero di melanomi». La via per prevenire un tumore così pericoloso è allora un’altra. Ed è quella che il primario Naldi ha lanciato, dal suo arrivo al San Bortolo, anche a Vicenza: «Meglio – dice - focalizzarsi sull’educazione a una corretta esposizione solare e sulla promozione di modalità di auto-esame nell’adulto anche mediante l’impiego di strumenti multimediali come indicato in maniera generica nella proposta di legge che su questo aspetto dovrebbe essere ben più puntuale. Mi auguro che la proposta di legge possa andare incontro a una revisione radicale con la collaborazione delle società scientifiche dermatologiche, e che si possano capitalizzare esperienze in essere come il progetto di screening con smartphone “Clicca il neo”. 

 

Franco Pepe

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