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Vicenza

«Per voi non andrà tutto bene». Lo striscione in prefettura è una minaccia: sei vicentini a processo

Uno striscione davanti alla prefettura contro le restrizioni anti Covid è una minaccia ad un corpo politico o amministrativo. È la convinzione della magistratura, che ha chiesto il rinvio a giudizio di sei vicentini, alcuni dei quali attivi in movimenti di destra. Pertanto, dovranno presentarsi nelle prossime settimane in aula Gian Luca Deghenghi, 51 anni, residente in città, Alberto Etenli, 48, di Val Liona, Lorenzo Sbocciato, 41, di Sovizzo, Nicola Zambon, 48, di Altavilla, Luca Dalla Vecchia, 50, di Torri di Quartesolo, e Andrea Donadello, 49, di Sovizzo. Sono tutti assistiti dall’avv. Lucio Zarantonello, oltre che dai colleghi Leonardo Maran e Paolo Mele. Devono rispondere per l’appunto di minaccia a corpo politico, aggravata per essere stata commessa da più persone riunite e con scritte anonime. 

I fatti contestati risalgono al 10 novembre di due anni fa ed avvennero in contra’ Gazzolle. Davanti all’ingresso della prefettura venne issato uno striscione, lungo diversi metri, con la scritta “Per voi non andrà tutto bene”; accanto due fogli plastificati con alcune scritte, come ad esempio «dovrete pagarla cara maledetti». Lo striscione venne rapidamente rimosso e di quanto accaduto fu informato subito il prefetto Pietro Signoriello. La notizia giunse alla Digos che avviò gli accertamenti.

In quel periodo era forte, in tutta Italia, la protesta contro le chiusure dei locali, e le misure per evitare il diffondersi della pandemia. Solo un paio di settimane prima si era tenuta, a due passi da contra’ Gazzolle, in piazza dei Signori, una partecipata manifestazione di protesta contro i provvedimenti, presi dall’allora governo Conte 2. Quello striscione (o uno analogo, con in fondo un cappio) era stato prima esposto da alcuni partecipanti, poi appeso sotto la loggia del Capitaniato. In quel caso, non vi sarebbero state denunce. All’epoca, l’ondata di proteste era guidata da movimenti di destra. Qualche giorno dopo l’“azione dimostrativa” davanti alla prefettura venne diramato un comunicato stampa, a firma “Direttivo Movimento Italia sociale Vicenza”, in cui l’associazione si attribuiva la paternità dell’iniziativa e ne spiegava le ragioni, motivandola con la «imbarazzante e disastrosa gestione, da parte del governo, dell’emergenza Covid».

La Digos si attivò subito per identificare i responsabili; con la scientifica vennero anche rilevate delle impronte digitali sullo striscione e fatte analizzare. Al termine delle indagini, furono identificati i sei imputati, alcuni dei quali già noti alle cronache, come Deghenghi (che era sceso in piazza in quanto titolare di palestra), che la scorsa settimana è stato condannato in primo grado ad un mese di reclusione per il saluto fascista al cimitero, per il quale dovrà risarcire l’Anpi; altri per il loro impegno politico o per la loro militanza in gruppi legati agli ambienti della destra cittadina. Il pm, al termine delle indagini, ha chiesto il processo; gli imputati contestano radicalmente le accuse e si professano innocenti.
La minaccia a corpo politico è un reato grave, che prevede pene da uno a sette anni di reclusione. In aula potrà costituirsi parte civile il prefetto, o la presidenza del consiglio dei ministri con l’avvocatura dello Stato.  

Diego Neri

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