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La storia

«Non dite a mia
mamma che
papà non c'è più»

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L'assistenza ad un paziente covid all'interno del reparto di rianimazione del San Bortolo
L'assistenza ad un paziente covid all'interno del reparto di rianimazione del San Bortolo
L'assistenza ad un paziente covid all'interno del reparto di rianimazione del San Bortolo
L'assistenza ad un paziente covid all'interno del reparto di rianimazione del San Bortolo

«Non dite niente a mia madre». Più che una invocazione è una preghiera. Rivolta ai medici, per telefono, come si usa al tempo del coronavirus fra chi cura e chi attende con trepidazione notizie sui propri cari, nomi scritti sulle schede della rianimazione, volti che appena affiorano sotto il tubo della respirazione meccanica. Lei è la figlia. Non vuole che la mamma, ricoverata in ospedale sotto l'attacco del Covid ma fuori dalla zona pericolo, sappia che il marito non c'è più. È morto a 76 anni in rianimazione, i polmoni imprigionati per sempre dalla stretta letale del Covid che colpisce tutti ma assedia con foga assassina i più vecchi, i più esposti come se i capelli imbiancati fossero un privilegio da scontare.

 

Lei, la moglie, 73 anni, è stata estubata, la squadra dei rianimatori è riuscita a tirarla fuori delle macchine che donano l'ossigeno della vita, migliora, è sveglia, e ora per proseguire la sua resurrezione sotto un casco della ventilazione sub-intensiva, è stata trasferita nell'area del risveglio in un letto dell'Ucic. Ma non sa che il marito non ce l'ha fatta, che è morto come si muore adesso. In solitudine. Senza un addio. Senza specchiare la vita che finisce negli occhi di chi ami. Una vita trascorsa insieme. Legatissimi. Nella loro casa di Costabissara. Non sa che non rivedrà mai più il compagno con il quale ha percorso tanti anni di un'esistenza di piccole e grandi conquiste.

 

Lì, in rianimazione, li dividevano pochi metri e molti fili. Prima era entrato lui. Dieci giorni in cui ha provato inutilmente a resistere a questa malattia cinica che annienta le difese immunitarie, che illude facendo sperare come una promessa in una ripresa per far ripiombare nella disperazione più nera in una breve danza di orologio. Poi è arrivata lei. Si è ammalata appena dopo il marito. Queste tempeste si abbattono sulle persone che vivono vicine, che entrano in contatto, che respirano insieme gioie e pensieri, felicità e virus. In rianimazione ci è rimasta 12 giorni, e, grazie agli angeli con il camice bianco, ha vinto la sfida. Ne è uscita.Ma la figlia, per il momento, non vuole che le confessino una pena così atroce. 

Franco Pepe

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