<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Il caso Barclays

Mutui vessatori, vittoria in Cassazione per duemila famiglie vicentine

Le clausole su un contratto di mutuo sottoscritto da decine di migliaia di risparmiatori in Italia, duemila dei quali nel Vicentino, sono definite «vessatorie o abusive» perché non chiare e comprensibili per la clientela.  La banca internazionale britannica Barclays perde in Cassazione. A vincere è una coppia di mutuatari che si appoggia all’associazione no profit Tuconfin, fondata dalla vicentina Franca Berno e di cui è vicepresidente la milanese Sheila Meneghetti.

Le due pasionarie del credito tradito sono al settimo cielo perché dopo anni di battaglia hanno colto nel segno, come del resto l’antitrust nel 2018 aveva stabilito, bocciando per difetto di trasparenza il mutuo in questione venduto tra il 2003 e il 2010. Ma la Corte d’Appello di Milano il 1° febbraio 2019 non era stata dello stesso avviso. Adesso la Cassazione fissa nuove regole.

Dunque, per i supremi giudici il contratto di mutuo erogato in apparenza in euro era in realtà legato all’andamento di un indice aleatorio. Esso era rappresentato dal tasso di cambio euro/franco svizzero, calcolato su un fondo fruttifero che lo faceva somigliare a un prodotto derivato. Perciò era giocoforza oscuro e incomprensibile per un cliente medio. Ma anche per uno preparato.

Di conseguenza la prima sezione della Suprema Corte, presieduta da Carlo De Chiara, ha annullato la sentenza della Corte d’Appello milanese che, ribaltando il verdetto dei giudici civili di Busto Arsizio, aveva dato ragione a Barclays. Adesso spetterà a un’altra sezione di secondo grado riformulare la sentenza in base ai criteri fissati dalla Cassazione in 31 pagine che fissano paletti importanti e piuttosto rigidi.

I giudici spiegano che «alla valutazione di non chiarezza e comprensibilità delle clausole del testo contrattuale emessa dal garante deve perciò essere attribuito un valore privilegiato nel giudizio civile tra il privato e il professionista relativo alle stesse clausole». «Tale valutazione - aggiungono i magistrati di legittimità - deve essere presuntivamente corretta nel giudizio civile, in difetto di una specifica confutazione da parte del giudice, tanto più necessaria dove - come in questa fattispecie di giudizio - il dissenso sulla chiarezza e comprensibilità attenga proprio al contenuto del testo documentale valutato dall’Agcom e non si fondi invece su elementi di fatto ulteriori attinenti allo specifico rapporto fra professionista e consumatore».

Insomma, la Cassazione rivaluta la sentenza dell’antitrust sbrigativamente bocciata dai giudici di merito, accogliendo due dei quattro motivi d’Appello formulati dagli avvocati Alberto Maria Tedoldi e Daniela Parisi.

Visto l’argomento la sentenza è molto tecnica, ma sono due i passaggi chiave in termini di diritto. «In tema di contratti conclusi fra professionista e consumatore - scrivono i massimi giudici - le clausole redatte in modo non chiaro e comprensibile possono essere qualificate vessatorie o abusive e pertanto affette da nullità, se determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto».

Tradotto in soldoni, come raccontano Berno e Meneghetti, ci sono casi in cui il cliente che nel 2003 aveva sottoscritto un mutuo in vista dell’estinzione ha visto la rata di 1.272 euro decollare fino a 4.219 euro a causa del meccanismo perverso alimentato dal derivato che pompava l’aumento incontrollato. Oppure per un mutuo di 380 mila euro acceso nel 2008, dopo undici anni di regolare pagamento in caso di estinzione anticipata con un residuo di 305 mila euro si dovevano versare 374 mila euro. Un salasso cui la Cassazione ha detto stop. D’ora in poi in caso di contenzioso tra consumatore e banca il giudice dovrà valutare la chiarezza delle clausole che stabiliscono gli interessi e il rapporto di cambio accogliendo il ricorso del cliente.
Barclays ha sempre sostenuto che il contratto di «mutuo in euro indicizzato al franco svizzero» era chiaro e comprensibile. Ma dopo il 2010 lo ha ritirato dal mercato.

 

Leggi anche
Caso Barclays, Berno: «Risultato straordinario, ora a Roma»

Ivano Tolettini

Suggerimenti