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Vicenza

La rivincita dei giochi da tavolo. Riscoperti durante i lockdown

Michele Garbuggio, 36 anni, il game designer vicentino
Michele Garbuggio, 36 anni, il game designer vicentino
Michele Garbuggio, 36 anni, il game designer vicentino
Michele Garbuggio, 36 anni, il game designer vicentino

Si definisce un “nomade digitale”, gli basta avere con sé il proprio pc e qualsiasi plateatico diventa il suo ufficio. Ha lasciato un posto a tempo indeterminato per fare il freelance, una scelta coraggiosa: però, ammette, «ho realizzato un sogno», quello di lavorare nel mondo dei giochi da tavolo. Michele Garbuggio, 36 anni, è un game designer della casa editrice Cmon Limited di Singapore, azienda di primo piano nel settore con all’attivo titoli ispirati a fumetti come Kick-Ass, a videogiochi come God of War, a giocattoli come Masters of the Universe. In questi giorni è impegnato in qualità di giurato del premio Archimede per giochi inediti, organizzato a Venezia dalla ditta Studiogiochi: trecento i partecipanti, domani è prevista la proclamazione del vincitore.

«Sono appassionato di giochi da tavolo fin da quand’ero bambino - racconta Garbuggio - Non ci giocavo soltanto, ma ci ricamavo sopra delle regole aggiuntive, mi piaceva personalizzarli. Ho continuato a giocare anche da grande, nel frattempo mi sono laureato in ingegneria ambientale e ho trovato lavoro alla Diesel».

Quattro anni fa è venuto a sapere che gli autori di Lex Arcana, il gioco di ruolo italiano più celebre, stavano preparando una seconda edizione. «Conoscevo bene il gioco e avevo del materiale, delle varianti che avevo inventato. L’ho sistemato e l’ho inviato, tanto per dare un contributo. E qualche mese dopo mi hanno chiamato, chiedendomi di fare da consulente».

La comunità degli appassionati ha cominciato a conoscerlo, finché tramite Francesco Neppitelli, uno dei creatori di Lex Arcana (con Marco Maggi, Dario De Toffoli e Leo Colovini) è entrato in contatto con Cmon: «Mi hanno fatto una proposta molto interessante per entrare nel loro team di sviluppatori. Così ho deciso di dedicarmi a tempo pieno e ho lasciato il posto alla Diesel. La soddisfazione più grande, nel creare giochi, sta nella consapevolezza che delle persone trascorreranno dei bei momenti in compagnia grazie al frutto del mio lavoro». 

 

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Lo sviluppatore, anzi il team di sviluppatori, di solito parte da un’idea, o da un brand, per decidere quale tipo di gioco creare. «Tipicamente - spiega Garbuggio - i giochi si dividono in americani, più improntati sul conflitto, ed europei, più gestionali. Quindi c’è la parte dello sviluppo della meccanica e delle regole, lo scopo è quello di far rivivere le stesse emozioni che può dare, ad esempio, il film o il fumetto a cui il gioco si ispira. Si crea il prototipo, si testa il gioco, ovviamente giocandoci, e nel frattempo si contattano i grafici, gli illustratori, i produttori delle miniature, dei dadi, insomma, tutto quello di cui c’è bisogno».

Spesso le case editrici si finanziano con le piattaforme di crowfunding, che diventano anche un sistema per verificare in anticipo il livello di interesse suscitato da un titolo. «Di solito si pensa che i videogiochi abbiano soppiantato i giochi di società, ma non è così. I board game hanno conosciuto un declino negli anni Novanta, ma poi si sono ripresi, anche grazie a serie televisive come Big Bang Theory o Strange Things, che si rifanno a quel mondo.

Durante il lockdown, poi, c’è stata una vera esplosione»: si è riscoperta la loro funzione aggregativa rispetto appunto ai videogiochi, con i quali si stanno peraltro diffondendo forme di ibridazione. L’ottimo momento di forma è rappresentato anche dallo stesso premio Archimede, organizzato da Dario De Toffoli responsabile di Studiogiochi: «La lista dei partecipanti è stata ridotta a 110 titoli, da questi abbiamo selezionato i 17 finalisti - spiega Garbuggio - La qualità è molto alta, la scelta non è stata facile. È un settore in grande fermento, con nuovi autori tutti da scoprire». E un mondo tutto da giocare.

 

Gianmaria Pitton

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