<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Intervista a Laura Dalla Vecchia

La presidente di Confindustria Vicenza: «Le nostre imprese devono attirare i giovani che vogliono inventare»

Bisogna essere un po' artisti per guidare una delle associazioni industriali più importanti d'Italia. Per questo l'architetto Laura Dalla Vecchia si sente di aver realizzato il suo sogno di studentessa. «Sì, volevo fare l'artista - ricorda nel giorno in cui l'assemblea di Confindustria Vicenza la elegge presidente - ma sono contenta di aver seguito i consigli di mio padre Giuseppe».

Che consigli le diede? Beh, io mi sentivo un'artista, lui capì e condivise i miei progetti, salvo aggiungere un paio di varianti: puntare sull'architettura, che lasciava aperte tante porte, e imparare le lingue, cosa che ho fatto e che mi è servita tanto.

Da lì a diventare imprenditrice e titolare di un'impresa, la Polidoro di Schio, che impiega circa 400 addetti e che ha anche due stabilimenti in Turchia e in Cina il salto però non è da poco... Da cosa nasce cosa. L'idea di rilevare l'azienda partì da mio padre. Io ci credevo e mi sono impegnata nel portarla a termine visto che purtroppo lui è mancato dopo un anno e mezzo. Di sicuro non è stata una passeggiata ma per ottenere i risultati, oltre che competenze e lavoro, serve creatività, specie in tempi di grande cambiamento come quelli che stiamo vivendo.

Probabilmente ne serve molta anche per fare la presidente degli industriali vicentini. Non teme il doppio carico di lavoro? Il timore c'è, inutile negarlo. Sarà compito mio e della struttura associativa, che è di prim'ordine, impiegare il tempo in modo efficace e produttivo. Questo è un servizio importante per la categoria e per mettersi al servizio bisogna avere tempo ma anche competenze: spesso chi ha tempo non ha competenze e chi ha competenze non ha tempo. Ho messo in piedi una squadra di imprenditori capaci, dove ognuno ha una delega operativa aderente alle rispettive competenze.

I titoli sui giornali se li è presi come prima presidente donna nella storia di Confindustria Vicenza... Non c'è niente nella mia vita che non abbia conquistato con le unghie ma in questo caso l'essere donna non è che c'entri molto. In Confindustria sono stata presidente del Raggruppamento Alto Vicentino, poi dei meccanici e infine vicepresidente. Dico sempre che per me l'attività in associazione è stata il master che non ho fatto. Mi ha dato davvero tanto, mi ha arricchito professionalmente e ora conto di poter restituire qualcosa in termini di competenze e di esperienza.

Prende in mano le redini in un momento difficile ma allo stesso tempo ricco di prospettive positive. Come lo vede il futuro post-pandemia? Stiamo ripartendo. Possiamo dirlo, incrociando le dita ma con i numeri che autorizzano a essere ottimisti. Le imprese vicentine hanno tenuto bene anche nei momenti più difficili. Certi settori, e penso alle diverse attività legate in qualche modo alla casa, hanno addirittura corso di più. Ora stanno ripartendo anche i comparti più bastonati, come il turismo. Le vaccinazioni, finalmente, stanno procedendo, ora si parla di allungare o togliere il coprifuoco, con beneficio ulteriore anche per la ristorazione. Lo ridico: stiamo ripartendo.

Senta, secondo lei cosa si poteva fare di più e di meglio durante questo anno e passa sfregiato dal Covid? Io credo che si sarebbe dovuta fare più formazione. Lo dico anche ai sindacati: perché non si sono adoperati per spingere, per esempio, sui corsi di digitalizzazione magari per quei dipendenti costretti all'astensione momentanea del lavoro? Quei mesi andavano sfruttati per dare nuove competenze alle persone, anche in vista di un futuro lavorativo che sarà diverso da come lo immaginavamo.

Negli anni Confindustria ha sempre avuto un rapporto, come dire, dialettico con il governo di turno. Dovesse fare una richiesta all'esecutivo ora guidato da Mario Draghi da dove partirebbe?In realtà sono preoccupata di una cosa in particolare. Fino a due anni fa si parlava di transizione all'industria 4.0, con incentivi per l'innovazione nelle imprese che si sono rivelati decisivi per rafforzarle e cambiarne il volto. Ho notato che, nonostante i miliardi in arrivo dall'Europa, per quel capitolo sono stati ridotti i fondi. Non mi pare saggio.

Serve un'altra iniezione tipo quella a suo tempo predisposta da Carlo Calenda? Chi investe deve essere aiutato. La ripresa che avevamo registrato prima della pandemia era legata agli incentivi sull'innovazione previsti dall'ex ministro dello sviluppo economico. Quando investi in tecnologia, ricerca e sviluppo, l'azienda crea lavoro. Se penso che alcuni successori di Calenda ci hanno chiamati "prenditori" senza mai avere visto una fabbrica mi viene una rabbia. Proprio adesso che dovremmo essere tutti orientati alla transizione digitale.

Nel Vicentino ci sono tante imprese-gioiello ma sono piccole e lo shopping dall'estero prosegue. Lei come la vede? Non passa settimana senza che io non riceva un'offerta. Io penso che dobbiamo crescere all'interno del nostro territorio, gestendo al meglio i passaggi generazionali. A questo proposito abbiamo istituito una delega specifica all'equity, coinvolgendo Roberto Spezzapria che in materia ha una grande esperienza. Lo scopo è predisporre strumenti studiati per cambiare la gestione dell'azienda senza cedere la proprietà. La chiave è un sistema di governance che permetta di delegare mantenendo il controllo.

Senta ma a questi giovani che vogliono andare a Londra, New York o Parigi per fare i creativi cosa diciamo? Lo ripeto spesso, il nostro patrimonio sono le persone. C'è un tema che per noi imprenditori deve diventare una sorta di ossessione: dare ai giovani un motivo valido per stare qui. Lo dico sempre ai miei due figli: seguite le vostre aspirazioni come le ho seguite io, ma con i piedi per terra e con un piano B. In questo territorio il lavoro te lo danno le aziende.

Però i giovani non hanno un'idea pop, se mi passa il termine, delle aziende. Come si fa a fargliele piacere? Non sanno che l'azienda è una comunità. Quando parcheggi il motorino qua fuori ed entri trovi collegamenti quotidiani con la Cina, Stati Uniti, con tutto il mondo. Qui i giovani non vengono a fare i tecnici, vengono a fare gli inventori. E si divertono pure. 

Marino Smiderle

Suggerimenti