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I numeri nel Vicentino

La giungla del web: dalle truffe alle offese, più di 4 mila denunce

Un argomento che è riuscito a mettere d’accordo, negli anni, Umberto Eco e Mike Tyson. Il primo nel 2015 già sosteneva che «i social network sono un fenomeno positivo ma danno diritto di parola anche a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività»; il secondo, più aderente alla sua disciplina, qualche settimana fa aveva commentato che «i social media hanno fatto diventare le persone troppo sicure di poter mancare di rispetto al prossimo senza considerare la possibilità di prendere un pugno in faccia». 

La situazione Tra truffe, diffamazioni e vilipendi, sono molte le insidie in cui si rischia di cadere sul web. Basta pensare al vicentino di 53 anni che, qualche giorno fa, è stato denunciato dalla polizia postale e delle comunicazioni di Vicenza per vilipendio dopo aver inserito un commento che insultava pesantemente l’operato della polizia sotto un post comparso sul profilo Facebook del nostro giornale. Questione rovente di vaccini e green pass, in quel caso, ma le casistiche sono le più disparate. Dando un’occhiata ai dati forniti dalla questura riferiti alle denunce che negli ultimi due anni sono state sporte in tutta la provincia per reati che molto hanno a che fare con il web, si può vedere che le truffe e le frodi informatiche nel 2020 sono state 4.712 e nel 2021 non sono scese molto: 4.439. Stabili le denunce per vilipendio nei due anni, sempre pari a 8 mentre la diffamazione è passata da 133 denunce a 112, anche se questi ultimi due dati non si riferiscono solo al mondo online.

Il commento Il questore della provincia di Vicenza, Paolo Sartori, è molto attento a queste situazioni in un capitolo che ha subito una grande evoluzione negli ultimi anni. «Dietro l’apparente anonimato offerto dagli strumenti informatici e dalla tranquillità di essere a casa nella propria stanza, alcuni pensano di poter fare ciò che vogliono - ha spiegato Sartori - mentre invece il web viene costantemente e sistematicamente monitorato dai servizi specializzati delle forze dell’ordine. Il servizio di polizia postale e delle comunicazioni della polizia di Stato dispone a Roma di un centro specializzato a tale scopo, e a livello territoriale collabora con le digos delle questure. Non c’è solo l’esigenza di monitorare i reati di vilipendio alle istituzioni e le minacce: le piattaforme informatiche, infatti, vengono utilizzate anche per mantenere i collegamenti tra elementi eversivi e strutture terroristiche, per cui la nostra attenzione non si abbassa mai. Il nostro compito è di tutelare la sicurezza nazionale e quella dei cittadini». Sartori consiglia chi pensa di poter agire impunemente: «Bisogna prestare particolare attenzione a quello che si scrive sul web, in chat di gruppo e sui social network, perché c’è sempre la possibilità che qualcuno si inserisca e diffonda poi quello che legge». E i pericoli sono molti, perché, precisa il questore: «Attraverso il web, questi reati hanno una divulgazione esponenziale. Si può incorrere nell’accusa di diffamazione aggravata che ha delle conseguenze penali più gravi rispetto alla diffamazione “semplice”». In ogni caso, una diffamazione che corre sul web è equiparata a quella che avviene a mezzo stampa: si va dalla reclusione da sei mesi a tre anni e una multa che non è inferiore ai 516 euro. In questi anni, il modo di utilizzare internet è cambiato: «Nel tempo, il rapporto con il web è cambiato sia da parte di chi lo usa in maniera delittuosa, sia da parte di chi lo tiene d’occhio e lo monitora con strumenti molto più sofisticati e sempre all’avanguardia - conclude il questore - Vengono utilizzati algoritmi e parole chiave da ricercare, con strumenti che riescono a fornirci alert in tempo reale».

Cosa si rischia Per quanto riguarda il vilipendio della Repubblica, in cui rientrano gli istituti fondanti e le forze dell’ordine, si rischia una multa che va da mille a 5 mila euro. Per ciò che concerne invece la diffamazione, se corre sulla rete, viene considerata aggravata e questo significa che prevede addirittura la reclusione da sei mesi a tre anni e una multa non inferiore ai 516 euro. Attenzione: basta l’aggiornamento di uno “stato di WhatsApp”. Senza dimenticare che il web nasconde anche insidie di altro tipo che si celano in profondità oscure: nel 2021 la polizia postale di Vicenza ha lavorato su 35 indagini relative alla pedo-pornografia ma anche su 26 operazioni collegate con il cyber-bullismo e le persecuzioni personali.  

Karl Zilliken

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