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Vicenza

La folle corsa dei prezzi: aumenti fino al 60%. Non accadeva dal 1986

L’inflazione riprende la sua corsa, con l’effetto che l’asticella dei prezzi sembra non conoscere punto di arrivo e il timore che il picco - o per meglio dire la batosta sul portafogli - debba ancora manifestarsi si fa sempre più concreto. Il rallentamento registrato in aprile, per lo meno rispetto al mese precedente, è un ricordo lontano se confrontato con i dati attuali dell’ufficio Statistica del Comune, che certificano un nuovo balzo del costo della vita, su livelli che non si vedevano, su scala nazionale, dal lontano 1986.

LA BORSA DELLA SPESA

In maggio, l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) in città ha registrato una variazione al rialzo rispetto al mese precedente dello 0,7 per cento, dopo una leggera flessione congiunturale di aprile (-0,5). Ma è il confronto con lo stesso periodo del 2021 a preoccupare, perché il segno “più” raggiunge quota 7,4 per cento, superando il dato Istat nazionale più aggiornato (6,8) e sorpassando pure quello storico di 36 anni fa (quando la crescita fu del 7,2). 
Un’ondata che parte dalle bollette, ma che arriva anche al “carrello della spesa”, ai mobili e ai servizi per la casa, fino ai trasporti e alla ristorazione, con dimensioni più o meno ragguardevoli a seconda della categoria dei prodotti o dei servizi analizzati. A trainare l’inflazione e a propagarne gli effetti negativi su tutte le altre categorie merceologiche, sono ancora i prezzi energetici che segnano una crescita dell’1,1 per cento su base mensile e del 27,9 per cento su quella annua, con l’impennata del gas, aumentato del 3 per cento da aprile e del 67,4 per cento rispetto a maggio dell’anno scorso. Salgono anche i prezzi dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche: in questo caso, l’aumento mensile è pari allo 0,5 per cento, meno marcato rispetto a quello nell’arco dei 12 mesi, con i prezzi lievitati del 7,4 per cento. Su anche i trasporti e se l’innalzamento è quasi impercettibile a corto raggio (1,3 per cento), è senz’altro più evidente se confrontato con lo scorso anno (+11 per cento).

Non fanno eccezione i beni per la casa che registrano una variazione mensile pari a +1,7 per cento e un aumento su base annua del 5,9 per cento, con un’accelerazione segnalata soprattutto per i tappeti (+4 e + 7,1 rispettivamente le variazioni congiunturale e tendenziale). Una fotografia, quella uscita dalla rilevazione comunale, capace di mettere in fila ciò che tutti i consumatori in fondo stanno già sperimentando passando alla cassa di supermercati e negozi. Una curva che, fatta eccezione per qualche temporaneo cambio di rotta, è in continua ascesa dal novembre del 2020. Una corsa che se all’inizio sembrava più legata alla cosiddetta “crisi da ripresa”, dopo il ritorno alla produzione post pandemia, da qualche mese ha subito un nuovo sprint in seguito alla guerra in Ucraina. E il risultato è sotto gli occhi di tutti, nei numeri della borsa della spesa di maggio, raffrontati con quelli di un anno fa. Se nel 2021 un chilo di pane fresco costava 3,67 euro, ora lo scontrino, di euro ne segna 4,47, con un incremento di quasi il 22 per cento. L’impennata si riscontra anche nei banchi frigoriferi. Un chilo di “carne fresca di suino con osso” registra un aumento del 27,3 per cento, passando da 7,21 a 9,18 euro. Ma è il pollo ad aggiudicarsi il rialzo più evidente, pari al 45,5 per cento (nel giro un anno, il suo costo al chilo è passato da 4,65 a 6,77 euro). In salita, ma in modo meno marcato sono anche il prosciutto cotto (+8,9 per cento) e le orate fresche di allevamento (+6,6). Al reparto verdura, il quadro non cambia. I pomodori da sugo sono aumentati del 23,6 per cento, l’insalata lattuga del 10,8, le zucchine del 9,4 per cento. Tra le poche eccezioni ci sono le mele golden delicious che permettono un risparmio rispetto allo scorso anno (-3,7 per cento). In questo confronto con il costo della vita di un anno fa, come visto, il segno meno non è completamente sparito: fa la sua comparsa anche nel reparto abbigliamento, dove una maglia sottogiacca è passata dai 25,23 ai 21,85 euro (il 13,4 per cento in meno). In compenso, acquistare una camicia da uomo costa il 40 per cento in più. “Dolori” anche al bancone del bar, dove un caffè è schizzato a 1,19 euro, con un incremento del 7,2 per cento. 

Laura Pilastro

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