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Vicenza

L'Ulss 8 Berica sospende 48 medici e infermieri no vax

Quarantotto sospesi fra sanità pubblica e privata. Resteranno fuori servizio, a meno che non decidano di vaccinarsi, fino al 31 dicembre, senza percepire lo stipendio. È la decisione dell’Ulss 8 nei confronti degli operatori sanitari che non hanno adempiuto all’obbligo dell’immunizzazione imposto dal decreto legge 44 del primo aprile. L’azienda Berica è stata la prima nel Veneto ad applicare la legge quando le altre Ulss continuavano ad indugiare, e che non ha frenato neppure quando la Regione sembrava voler prendere sul tema, non poco delicato, una pausa di riflessione. «La legge va rispettata - è la posizione della direttrice generale Giusy Bonavina - Non poteva esserci e non ci sarà alcun tentennamento. Stiamo operando secondo quanto disposto dalla normativa per garantire la tutela della salute pubblica. Noi, a differenza di qualche altra Ulss, abbiamo avuto la fortuna di riuscire ad assorbire in ospedale i vuoti che si sono creati senza ripercussioni sull’attività dei reparti grazie anche all’ausilio del personale che ha dimostrato dedizione, senso del dovere e spirito di responsabilità». 

Il maggior numero di sospesi è nella sanità privata. Colpiti dal provvedimento parecchi medici di centri sanitari della città, alcuni dentisti che lavorano in studi odontoiatrici professionali piuttosto noti. Fra i sanzionati pure diversi psicologi. Anche il San Bortolo ha, però, i suoi no-vax in camice bianco. Fra di loro 4 medici, uno dei quali proprio dell’organico di uno dei reparti specialistici che combattono il Covid in prima linea, e hanno visto passare e morire da marzo dello scorso anno decine di persone ghermite dalla furia della polmonite virale. Si vede che neppure vedere da vicino la fine di chi muore, gli occhi smarriti, i polmoni divorati dall’infezione letale senza più la capacità di respirare autonomamente, serve a convincere quando, sospinti da un estremismo senza argini, non si vuole riconoscere il senso etico e il dovere della vaccinazione in una fase di emergenza sanitaria che coinvolge l’intera comunità. 
Il pacchetto più consistente di sospensioni riguarda infermieri, oss, ostetriche, tecnici di laboratorio, fisioterapisti. 

Si va avanti sulla via del rigore, ma la materia rimane spinosissima. Molti dei sospesi hanno fatto muovere gli avvocati fra ricorsi e carte bollate. C’è chi parla di vaccino ancora sperimentale. E chi si appella alla presunta violazione dell’articolo 32 della Costituzione secondo il quale nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario. Ci sono in atto battaglie legali, anche se, fino ad oggi, dovunque in Italia, giudici del lavoro e Tar hanno sempre respinto le richieste di sospensiva e di reintegro dei ricorrenti. «Stiamo avendo un grosso supporto da parte del nostro ufficio legale», spiega la direttrice del Sisp Teresa Padovan, che coordina i lavori della commissione valutatrice, affiancata dalla responsabile della direzione medica Romina Cazzaro, da due primari, l’infettivologo Vinicio Manfrin e il dermatologo Luigi Naldi, da assistenti sanitarie e funzionari amministrativi. Le ragioni a favore dell’azienda sono tante, dalla insindacabilità della scelta del legislatore, al diritto alla salute che prevale sulla libertà del singolo. Le lettere con cui si comunica la delibera di sospensione sono state trasmesse per competenza, dopo l’accertamento che spetta all’Ulss, anche dall’Ordine dei medici ai professionisti iscritti all’albo; le raccomandate spedite dall’Ulss agli operatori fuori-legge potrebbero peraltro aumentare. Nei prossimi giorni la commissione aziendale tornerà a riunirsi per vagliare altre posizioni in bilico. E la sensazione è che ci sarà un altro giro di vite. La battaglia per combattere il Covid ancora di più nei luoghi della sanità è troppo importante. 

Franco Pepe

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