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Il medico vicentino

«L'emergenza
durerà fino
all'estate»

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Il dottor Virginio Brazzale, medico vicentino che lavora a Schiavonia
Il dottor Virginio Brazzale, medico vicentino che lavora a Schiavonia
Il dottor Virginio Brazzale, medico vicentino che lavora a Schiavonia
Il dottor Virginio Brazzale, medico vicentino che lavora a Schiavonia

Una settimana di ferie, finalmente. Per essere vicino alla figlia Benedetta, nel giorno della sua laurea (online...) in Farmacia all'università di Milano. Virginio Brazzale, medico vicentino, classe 1959, lavora al pronto soccorso dell'ospedale di Schiavonia. Un ospedale covid dove vengono trasferiti i pazienti colpiti dal coronavirus dagli ospedali di Padova, Cittadella, Camposampiero. C'era assoluto bisogno anche di lui in questo momento di grande emergenza.

Così il dottor Brazzale deve rientrare subito in servizio e dal pronto soccorso viene spostato al Reparto Covid dell'ospedale Madre Teresa di Calcutta.

«La situazione è critica per il gran numero di ricoverati - racconta - anche se il reparto dispone di 150 posti letto e di una task force di infettivologi e di pneumologi di grande professionalità. In questi ultimi due giorni il numero dei ricoverati è in calo ma questa malattia ha un'evoluzione molto lenta come anche le guarigioni. Poi c'è la terapia intensiva con 25 posti letto».

 

Che tipologia di pazienti è ricoverata a Schiavonia? Soprattutto anziani

Non solo anziani. Arrivano anche giovani. E qui ne ho visti arrivare tanti dai 30 ai 50 anni. Perché questo virus spesso colpisce in maniera pesante il polmone a differenza dell'influenza che coinvolge generalmente le prime vie aeree. Perché si riassorba tutto l'essudato infiammatorio ci vuole tempo. Le tac da coronavirus più o meno gravi sono tutte perfettamente sovrapponibili.

 

In questo mese di lotta è cambiata anche la terapia?

Sì. All'inizio veniva somministrato l'antivirale contro l'Hiv che invece non ha avuto particolare effetto. Per i pazienti non gravi si somministra una terapia antibiotica oltre all'eparina e un farmaco contro l'artrite reumatoide, l'idrossiclorochina. Nei casi più gravi si utilizza il tocilizumab, un anticorpo monoclonale, sulla base dell'esperienza cinese che ha dato buoni risultati. Anche se quello che mi preoccupa è vedere se i pazienti che guariscono potranno riprendere la loro vita normale senza patire conseguenze.

 

Secondo lei quando potremo uscire dall'emergenza?

È davvero difficile fare previsioni, non conosciamo bene il virus. Di sicuro è pericoloso, aggressivo e molto contagioso. Per il momento l'unico rimedio efficace per contrastarlo è l'isolamento. E non dovremo mai abbassare la guardia quando la curva comincerà a scendere perché i casi di rientro del virus potrebbero essere tanti, come stanno vedendo in Cina. Ce lo tireremo avanti fino all'estate.

 

La paura di contagiarsi, essendo voi in prima linea in questa battaglia, c'è sempre?

Il pericolo c'è nonostante da parte di tutti le attenzioni siano massime. Abbiamo qui ricoverati nostri infermieri. Ma la direzione medica si è fin dall'inizio mossa con grande competenza. L'organizzazione è perfetta. 

Antonio Simeone

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