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Vicenza

«Ingannato e ricattato per anni dall’amante conosciuto online»

Insegnante, 66 anni, omosessuale. Ora felicemente convivente. Dal 2013 al 2015 dentro un incubo che sembrava non avere fine. Per rispettare la sua privacy come ci ha richiesto vista la delicatezza della situazione, non divulgheremo le generalità del nostro lettore che ha voluto raccontarci la sua storia. Lo ha voluto fare dopo aver letto, qualche giorno fa, la notizia dell’arresto di un uomo originario del Bangladesh che aveva ricattato un anziano vicentino per anni, estorcendogli molto denaro. Si era riconosciuto in quella situazione e ha deciso di aprirsi per essere d’aiuto a altre vittime: «Sono sicuro che ci siano altri che si sono ritrovati nella mia situazione. Non bisogna avere paura di chiedere aiuto». 

La storia Per partire è necessario riavvolgere il nastro del tempo fino a luglio 2013: «Conosco questo ragazzo sul sito “bakeca incontri” - ci racconta - Bello, giovane, di carnagione scura, straniero. Mi dice di essere domenicano, anche se parla perfettamente italiano. Mi piace. All’epoca ero single e vivevo solo: l’ho ospitato per qualche notte. Passa qualche mese. A dicembre mi chiama all’alba e mi chiede di accompagnarlo al San Bortolo perché aveva vomitato sangue. Mi presento in auto all’alba a casa sua. Lui sale in auto e mi sequestra le chiavi: per ridarmele vuole 400 euro. Gli do la somma». Da quel momento, una spirale di richieste e minacce risucchia il docente. «Una notte, dopo avermi spillato altri 50 euro, si presenta sotto casa con altri 3 ceffi. Vuole 200 euro». In quella fase, il ragazzo fa leva sull’affetto e sul legame che ha fintamente instaurato con il vicentino: «Mi diceva che ero l’unico che avrebbe potuto aiutarlo - prosegue il racconto - Una volta mi ha fatto credere che il padre fosse morto a Firenze e che avrebbe avuto bisogno di soldi per trasferire la salma a Vicenza. Poi mi ha chiesto un incontro in cui mi ha detto che si era pentito dei nostri incontri, che certe cose non avrebbe voluto più farle e che avrebbe voluto 500 euro per cancellare il mio numero di telefono». Non sono bastati: «È un continuo, ogni giorno mi chiedeva dai 50 ai 100 euro. A volte cercava di blandirmi; altre mi minacciava, anche di presentarsi davanti al luogo dove lavoro. Mi aspetta davanti a casa e a volte non è solo. Si attacca al citofono in piena notte; sveglia i vicini. Io sono anche costretto a rivolgermi al pronto soccorso: agitazione, tachicardia. In passato avevo anche deciso di chiudere con l’alcol e questa situazione mi aveva indotto a bere nuovamente. Non sapevo come uscirne».

La svolta «Ho chiesto aiuto a un amico. Appena ha visto quel ragazzo, mi ha detto che mi aveva raccontato un sacco di bugie e che non era domenicano bensì un noto pregiudicato marocchino. Mi ha anche portato un articolo del Giornale di Vicenza con alcuni precedenti. Lì ho capito che, quando non si faceva vivo, era perché si trovava sotto processo o in carcere». Siamo all’ultimo capitolo: «Mi contatta, vuole 180 euro e si presenta con un amico. Io però avevo già chiamato la polizia: gli dico che stanno arrivando gli agenti della questura e i due se ne vanno. Una volta mi ha ricontattato fingendosi un altro, ma io l’ho ricacciato con fermezza. Non ho avuto il coraggio di farla finita, altrimenti mi sarei suicidato. Invece ho chiesto aiuto. Devo ringraziare lo sportello “Donna chiama donna” che aiuta anche le persone lgbtq. Loro mi hanno ascoltato e mi hanno consigliato di chiamare la polizia e di andare al pronto soccorso per avere un referto in caso di denuncia. Mi ha aiutato anche la fede. Chiedete aiuto. Se ne esce».

Karl Zilliken

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