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L'emergenza

In fuga dai talebani, accolti nel Vicentino i primi 23 profughi

Un bus con rifugiati afghani (Foto Ansa)
Un bus con rifugiati afghani (Foto Ansa)
Un bus con rifugiati afghani (Foto Ansa)
Un bus con rifugiati afghani (Foto Ansa)

Vicenza, Thiene, Schio. Parte da questi tre centri l’accoglienza dei profughi afghani nel Vicentino. Ventitré le persone in fuga dall’Afghanistan dopo la presa del potere da parte dei talebani accolte in questa prima ondata di trasferimenti. Le voci degli arrivi imminenti hanno iniziato a circolare già ieri in mattinata, con la prima conferma arrivata direttamente dal Comune di Thiene. Poi Vicenza e Schio. Orario ballerino, come spesso accade in queste situazioni, e dalla prima stima del pomeriggio si è arrivati a sera ancora in attesa. 

Le strutture si sono comunque tenute pronte, nonostante la tarda ora. Si tratta di persone arrivate in Italia grazie ai ponti aerei organizzati nei giorni immediatamente successivi alla presa di Kabul. Dopo i controlli, il periodo di quarantena e tampone negativo per scongiurare positività al Covid ne è stato disposto il trasferimento da Marghera nei tre diversi centri di destinazione vicentini. Come da accordi iniziali, il criterio di distribuzione è stato quello familiare. Ogni comune, dunque, ospita un nucleo di persone legate da vincoli di parentela: sei a Schio e sei a Thiene. Il gruppo più numeroso di undici richiedenti asilo è quello destinato al capoluogo. Si tratta di fratelli, con mogli e figli, cui è stata trovata sistemazione in un grande appartamento nella zona ovest della città. 

Ad occuparsi dell’ospitalità sarà la cooperati Pari passo, che già da tempo collabora con la prefettura per l’accoglienza dei migranti. In questa prima fase infatti tutti i contatti per la ricerca di sistemazioni abitative sono stati curati direttamente dagli uffici di contra’ Gazzolle, e tutte le strutture individuate sono già parte della rete dei Cas, ossia dei Centri di accoglienza straordinaria. Una volta terminata questa disponibilità - e la prospettiva è di una cinquantina di posti in totale da poter sfruttare nei diversi comuni - serviranno altre strade, con la collaborazione di enti locali e di privati. Per il momento però le prime 23 persone destinate al Vicentino, dopo essere state costrette alla fuga e ad abbandonare tutti i loro beni, hanno un posto dove stare. 

Delle undici persone attese a Vicenza, due sono minorenni. Il più giovane del gruppo è un bambino di 9 anni, il più anziano di anni ne ha 65. Ci sono poi ragazzi appena maggiorenni. «Quando hanno iniziato a circolare le notizie sulla crisi afghana - ha spiegato, nell’attesa dell’arrivo dei migranti, Francesco Zordan, presidente della cooperativa Pari passo - ci siano subito immaginati cosa avremmo potuto fare per queste persone. Poi quando la prefettura ci ha chiesto disponibilità per l’accoglienza, abbiamo subito confermato la nostra collaborazione». «La crisi - ha aggiunto - purtroppo è stata molto repentina e abbiamo dovuto organizzarci in fretta. Non è stato facile ma siamo felici di poter fare la nostra parte. Non si tratta solo di vitto e alloggio, ma di garantire assistenza e accompagnamento a queste persone, che hanno perso tutto». 

Già individuata anche una mediatrice culturale e linguistica, che aiuterà nella comprensione e nei contatti in questo primo periodo. Il prossimo passo - dopo le fasi burocratiche - sarà quello di organizzare e gestire i servizi, come la scuola, l’aiuto compiti, le lezioni di italiano, l’inclusione nella comunità e nel mondo del lavoro. Ma la volontà degli operatori di Pari passo è innanzitutto quella di trasmettere un messaggio di protezione e speranza. «Quando siamo andati a fare la spesa per preparare la casa all’arrivo di questa famiglia - ha ricordato Zordan - abbiamo comprato anche quaderni, penne, una bambola e un peluche. Perché se i talebani vietano studio e gioco, queste persone devono subito capire che qui sono al sicuro». Un aiuto sarà chiesto anche alla comunità «perché c’è molto che si può fare per aiutare queste persone. Non ci sono solo i bisogni primari, ma c’è anche la rete sociale da costruire. Se qualcuno vuole farsi avanti e aiutarci, noi siamo qui». 

Alessia Zorzan

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