<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Vicenza

Muore a 39 anni: era rimasta cinque anni in coma dopo il parto

È rimasta in coma cinque anni dopo aver partorito il suo pargoletto. Ieri mattina, però, è morta Elena Cavazza, 39 anni, vicentina, che dal 2016 era stesa sul letto di una struttura specializzata di Campodarsego, nel Padovano. Elena non ha più parlato, non si è più mossa, non ha più capito. Probabilmente, secondo i medici, ha sofferto. Ieri, dopo tanto dolore, si è spenta. La sua famiglia non ha mai ricevuto un euro di risarcimento.
Il parto Secondo la procura di Padova, la vicentina, laureata, già commessa in un negozio prima di licenziarsi con la prospettiva di fare la mamma a tempo pieno, le gravissime lesioni cerebrali che ha subito erano state causate da un errore medico. Venne avviato un processo penale per lesioni gravissime a carico di due anestesiste dell’Azienda ospedaliera di Padova che il 28 aprile 2016 non avrebbero curato Elena come si deve. Cavazza subì una lunga anossia (mancanza di ossigeno) che aveva causato il dramma. In realtà, qualche anno dopo il marito Elia e il papà della neomamma, tutelati dagli avv. Paolo Mele senior, Luca Tessarolo e Guido Simonetti, ritirarono la querela per avviare una casa civile contro l’Ulss e chiedere un risarcimento dei danni. Alla luce della tragedia di ieri, le cifre diventeranno milionarie. 
L’intervento La sfortunata vicentina soffriva da tempo di un restringimento delle vie aeree. Per questo, quando venne il momento - peraltro in anticipo - di mettere al mondo il suo primogenito, si decise di effettuare un parto cesareo con anestesia generale a Padova. In virtù di questo, il personale medico, a cui la famiglia vicentina si era rivolta, aveva deciso di sottoporla prima ad una tracheostomia, per consentirle di respirare correttamente durante il cesareo ed evitare rischi. Ma, quella sera, l’intervento non venne eseguito. Fu messo alla luce il bimbo, con la mamma che non respirava. La tracheostomia fu compiuta solo alcuni minuti dopo la nascita del figlioletto; ma Elena restò a lungo (dai 20 ai 50 minuti, stando alle ricostruzioni degli esperti incaricati dalle parti di fare chiarezza sul dramma) senza respirare. Con danni cerebrali gravissimi. 
Il papà Elia, che attendeva impaziente, divenne papà nel momento in cui rischiò di restare vedovo. Impiegato nel settore della sicurezza, passò dalla gioia alla disperazione in pochi istanti. Da allora, fa il padre ed è legatissimo al suo bimbetto, che è cresciuto senza la mamma. 
Le perizie La famiglia aveva avvisato le autorità e con i legali aveva informato la procura dell’accaduto. Il magistrato aveva disposto una consulenza, che avrebbe individuato precise responsabilità da parte delle due anestesiste, che intervennero in ritardo rispetto alle necessità. Il consulente della famiglia, il dottor Nico Zaramella, era stato durissimo: «L’intervallo cronologico risulterebbe inaccettabile in qualsiasi luogo dove si trovi presente un laureato in Medicina» scrisse nella sua relazione. Altri professionisti poi si sono occupati di Cavazza, giungendo alla conclusione che vi fu un errore della struttura medica. 
Le cause Prima per curare Elena (e venne raggiunto un accordo), poi per garantire un degno risarcimento al padre e soprattutto al figlioletto, sono stati avviati dei procedimenti civili che sono ancora in corso. Ma i congiunti non hanno ottenuto finora ristori. Dopo il funerale di Elena, anche la vicenda giudiziaria si evolverà. 

 

Diego Neri

Suggerimenti