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Rapporto Veneto Agricoltura

Nel Vicentino crescono gli ettari dedicati alla soia, calano mais e orzo

È la soia l’unica coltivazione che lo scorso anno è aumentata nel Vicentino: il legume continua a “rosicchiare” terreno coltivabile ad altre semine storiche. Lo mette in luce il rapporto di Veneto Agricoltura, che evidenzia un andamento altalenante per un settore che con la guerra in Ucraina, tradizionalmente considerata “nazione granaio”, acquista ulteriore importanza. Anche perché chi non conosceva a fondo le dinamiche e lo scacchiere dell’agricoltura internazionale ha scoperto nei mesi scorsi che l’Ucraina produce altre coltivazioni di fondamentale importanza, come quelle che stanno alla base della produzione dell’olio di semi. D’altro canto, anche la Russia, per esempio, è tra i principali esportatori di fertilizzanti. 

I numeri Prima di analizzare tutti i numeri messi a disposizione da Veneto Agricoltura, partiamo dalla soia. «La superficie coltivata a soia in Veneto nel 2021, secondo i dati provvisori della Regione Veneto e Istat, è stimata in aumento a circa 141.000 ettari (+3,3 per cento). Venezia si conferma la prima provincia per investimenti, seguita da Padova e Rovigo - si legge nel rapporto - Più distanziate, le altre province, in particolare Verona, Treviso e Vicenza». La provincia berica con un investimento in soia di 11.600 ettari, cresce del 14,2 per cento rispetto al 2020 ed è seconda solo a Verona per incremento. La soia non è però la coltivazione più diffusa nel Vicentino, perché tiene botta il mais, che raggiunge i 14 mila ettari anche se rispetto allo scorso anno perde un 3,3 per cento. L’orzo conquista il terzo gradino del podio con 2.200 ettari e un piccolo crollo del 14 per cento. La seconda crescita più evidente nel confronto con il 2020 è quella del tabacco: con 430 ettari, la superficie coltivata cresce di oltre il 7 per cento rispetto al 2020. Per capirsi, l’80 per cento della coltivazione regionale è concentrata a Verona dove nel 2021 erano presenti 3.300 ettari. Sale dello 0,4 per cento la coltivazione dell’olivo con 565 ettari, calano del 2,4 per cento le ciliegie con 261 ettari e vanno giù anche la patata, vasta 520 ettari ma in calo del 7 per cento e crolla del 28 per cento la cipolla che occupa solo 90 ettari del Vicentino. E il girasole, che potrebbe essere una valida alternativa ora che i semi dall’Est non arrivano più a causa della guerra? L’anno scorso il crollo è stato notevole e Vicenza non è nemmeno sulla mappa di questa coltivazione: «Nel 2021 gli investimenti si sono sensibilmente ridotti - la rilevazione - riportandosi a circa 3.900 ettari (-27,4 per cento): la provincia di Verona concentra il 40 per cento della superficie regionale (1.550 ettari) e ha registrato la perdita più rilevante (-40,5 per cento). Seguono le province di Padova e Rovigo». L’estate calda e senza piogge ha anche prodotto danni alle piante. In ogni caso, il rapporto, per Vicenza, ha denotato un 2021 in chiaroscuro con un piccolo calo dello 0,8 per cento delle imprese agricole (7.931) e un aumento dell’1,2 per cento delle società di persone ma anche un +12,4 per cento di occupazione nell’industria alimentare. 

Il commento Anna Trettenero, presidente di Confagricoltura Vicenza, spiega: «Il Vicentino non è tradizionalmente una zona vocata al girasole ma alla soia, che rimane una coltura interessante anche dal punto di vista economico. Nel 2021 la soia, secondo i dati di Veneto Agricoltura, ha registrato nel territorio berico la più alta percentuale di crescita in Veneto, guadagnando il 14,2 per cento. Il girasole, in regione, è coltivato soprattutto a Verona, Padova e Rovigo, dove però le superfici l’anno scorso hanno subito una contrazione media del 27,4 per cento. In questa fase di semina è difficile sapere se e quanti hanno cominciato a fare scelte diverse, ma per quanto riguarda l’annata attuale sarà difficile un cambiamento in corsa, sia perché gli agricoltori hanno già pianificato la loro stagione di semina, sia per la difficoltà di approvvigionamento del seme. In futuro, tuttavia, le problematiche legate al cambiamento climatico e alla siccità - conclude la presidente Trettenero - potrebbero orientare gli imprenditori agricoli verso colture come il girasole e la colza, che hanno bisogno di minori quantità di acqua».

 

Karl Zilliken

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