<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Il Museo c’è, ma è aperto a singhiozzo

Il sindaco Luigina Crivellaro con il vice Claudio Dalla Libera. GUARDA
Il sindaco Luigina Crivellaro con il vice Claudio Dalla Libera. GUARDA
Il sindaco Luigina Crivellaro con il vice Claudio Dalla Libera. GUARDA
Il sindaco Luigina Crivellaro con il vice Claudio Dalla Libera. GUARDA

Il primo museo della Pietra bianca di Vicenza si trova a Zovencedo ed è stato ricavato all’interno di una vecchia cava dismessa, la Priara de Cice, in località Sengia dei Meoni, a qualche centinaio di metri dal paese. Gli allestimenti ci sono, le strutture anche, manca solo il taglio del nastro. Tutto è pronto da due anni, ma il museo ufficialmente non è stato ancora aperto. Il motivo? Lo spiega il vicesindaco e assessore con delega alla cultura, Flavio Dalla Libera. «Stiamo cercando l’occasione giusta e non siamo ancora riusciti a trovarla – spiega –. Quel che dovevamo fare per preparare il museo l’abbiamo già fatto. Nonostante questo, non è stato mai inaugurato perché vorremmo abbinare l’inaugurazione a qualche altra manifestazione che abbia una certa rilevanza, in modo che la cerimonia possa ricevere un buon risalto. Per questo vorremmo che fosse legata alla pietra bianca, che si cava ormai solo qui in zona e che è stata così tante volte voluta dal Palladio per la realizzazione delle sue architetture».

Il museo, al momento, è visitabile da parte del pubblico solamente nel contesto di altri eventi che si svolgono nella Priara dove si tengono, ogni tanto, rappresentazioni teatrali, concerti, o cene.

Il polo espositivo è suddiviso in tre aree tematiche contigue. La prima che si incontra lungo il percorso presenta l’estrazione a mano, che è avvenuta così per secoli, e comprende gli attrezzi usati dai cavatori come magli, scalpelli, picchetti, binde, cunei e un’intera impalcatura per cavare e spostare i blocchi.

La seconda area riguarda l’avvento della meccanizzazione a partire dagli anni Sessanta con le macchine elettriche su carrello e a braccio meccanico e i successivi mezzi sempre più moderni, dagli argani per trascinare i blocchi, alla sega elettrica col motore a lato, chiamata “francese”, che sezionava le pietre sul posto. La terza è dedicata all’esposizione dei prodotti della lavorazione della pietra, dalle fontane, alle colonne, ai mascheroni e alle statue prodotti nei laboratori artigianali e dagli scalpellini della Val Liona.

«Per adesso non abbiamo fretta, cerchiamo l’occasione per coinvolgere anche altri Comuni della zona, in modo che ne possa venir fuori qualcosa che abbia risonanza e richiamo anche oltre Zovencedo e soprattutto che riesca a portare numerose persone a visitare il nostro museo, altrimenti potrebbe non valere la pena», precisa il vicesindaco Dalla Libera.

Il luogo dove è stato ricavato il polo museale d’altronde piace. La Priara è già stata utilizzata come ambientazione per il set di un paio di video musicali, uno addirittura dei Sonohra, e per un la realizzazione di un thriller che deve ancora uscire nelle sale. «L’ultima idea che stiamo valutando per l’inaugurazione del museo – annuncia - è quella di collegarla alla nuova campagna di scavi alla vicina grotta di Calto dove è stato scoperto un importante sito archeologico dell’uomo di Neanderthal».

Matteo Guarda

Suggerimenti